Internet of Things vale in Italia 2,8 miliardi e cresce del 40%

23 Aprile 2017 Smart Building Italia


Il mercato italiano dell’Internet of Things ha fatturato nel 2016 2,8 miliardi di euro, +40% rispetto al 2015. Un dato che, una volta tanto, pone l’Italia in linea o addirittura davanti ad altri Paesi occidentali. Non siamo più penultimi o terzultimi come accade con le reti a banda larga e ultra larga. Questa crescita è dovuta principalmente «agli obblighi relativi allo Smart Metering gas, che impongono alle utility di mettere in servizio almeno 11 milioni di contatori intelligenti entro la fine del 2018», recita il comunicato dell’Osservatorio sull’internet delle cose del Politecnico di Milano relativo alla ricerca presentata durante il convegno di venerdì scorso, 21 aprile, “Internet of Things: oltre gli oggetti, verso i servizi“.

Una crescita “obbligata”, dunque? Non proprio. «Depurando il valore del mercato IoT dagli effetti della normativa, – è scritto ancora nel comunicato – nel 2016 si evidenzia comunque una crescita superiore al 20%».

E ben oltre questa media, addirittura con il +45%, cresce la voce che ci interessa più da vicino, ovvero le soluzioni per lo smart building (510 milioni di euro il suo valore), «ambito che mostra una crescita soprattutto con soluzioni legate alla sicurezza negli edifici e un progressivo spostamento del mercato dai soli grandi edifici industriali ai piccoli uffici e negozi», spiega ancora il comunicato. Mentre la voce Smart Home vale 185 milioni di euro e il 7% del mercato (+23%), con una netta prevalenza di applicazioni per la sicurezza.

Angela Tumino, che è direttore dell’Osservatorio, ha detto che «Nel 2016 abbiamo osservato importanti segni di maturità dell’Internet of Things in Italia: nuove reti di comunicazione Low Power Wide Area, maggiore offerta di soluzioni, crescita significativa del mercato. È arrivato il momento di andare oltre il livello attuale di connessione degli oggetti per spostare l’attenzione verso i servizi… I dispositivi della Smart Home consentiranno di monitorare i consumi energetici per ridurre sprechi o indicare tentativi di infrazione. In fabbrica il monitoraggio degli impianti produttivi consentirà logiche di manutenzione predittiva e addirittura il pagamento dei macchinari in base all’effettivo utilizzo».

Al boom delle applicazioni e dei servizi per i “privati” non fa tuttavia seguito la crescita relative alla smart city, il cui valore è fermo a 230 milioni di euro, pari all’8% dell’intero mercato dell’IoT. «La smart city in Italia è ancora in cerca d’autore: sono tante le sperimentazioni avviate, ma rimangono poco integrate tra loro e in molti casi senza una chiara strategia di sviluppo del territorio», dice Giulio Salvadori, ricercatore dell’Osservatorio Internet of Things. La scarsità delle risorse economiche, la mancanza di competenze adeguate e di modelli di governance poco chiari sono i maggiori ostacoli e i motivi per cui la maggior parte delle iniziative si arena dopo la prima fase di sperimentazione.

Alla luce dei risultati, l’Osservatorio del Politecnico prevede che «per la Smart Home lo sviluppo sarà favorito dall’affermarsi di nuovi canali di vendita che moltiplicano le occasioni di acquisto (retailer multicanale, utility, telco), dal lancio sul mercato di nuovi prodotti e servizi con prezzo accessibile, dalla messa a fuoco della strategia di alcuni grandi Over-The-Top, Google e Amazon in primis, e dallo sviluppo di partnership e alleanze volte a ridurre il problema dell’interoperabilità. Ma si prevede un dinamismo anche per l’Industrial IoT, supportato dagli incentivi previsti all’interno del Piano Nazionale Industria 4.0 che prevede nei prossimi quattro anni investimenti in ricerca e sviluppo e incentivi fiscali a vantaggio delle imprese che investiranno in tecnologie e progetti a supporto della Quarta Rivoluzione Industriale».

Il comunicato si sofferma, infine, sulle tecnologie di connettività. Ecco quel che dice Antonio Capone, ordinario di Telecomunicazioni e membro del gruppo di lavoro dell’Osservatorio Internet of Things: «La disponibilità di nuove reti IoT a lungo raggio solleva gli sviluppatori dalla necessità di implementare un’infrastruttura di comunicazione dedicata e abbassa enormemente la barriera d’ingresso per prodotti e servizi basati su idee innovative». A proposito dei protocolli a lungo raggio, la rete SigFox, in partnership con Nettrotter, a fine 2016 copriva oltre il 70% della popolazione italiana (tutti i comuni con più di 100.000 abitanti), prima rete pubblica LPWA (Low Power Wide Area) dedicata ad applicazioni IoT. La tecnologia LoRaWAN è in fase di sperimentazione in varie città italiane, come iNebula, Ray Way, Telemar, Unidata, mentre più matura è la realizzazione di A2A Smart City nei territori di Milano, Brescia e Bergamo. Infine, è stata completata la ratifica dello standard Narrow-Band IoT (NB-IoT, giugno 2016) e gli operatori hanno annunciato anche in Italia la disponibilità di servizi commerciali entro fine 2017, mentre già parte la sperimentazione sui servizi per l’IoT delle future reti 5G grazie ad un bando del MISE sull’uso delle frequenze 3.6-3.8 GHz.