Casa dolce casa a patto che sia Smart

29 Marzo 2022 Smart Building Italia


Il report di Osservatorio IoT del Politecnico di Milano e Doxa parla di 650 milioni di fatturato 2021, pari a un +29%. Aumentano gli italiani “digitalizzati”, anche se litigano con le app. E CAME, brand dell’automazione, vede la crescita delle aziende nel boom dei dati a disposizione

Energia, sicurezza e salute. Attorno a questi tre fattori, un’”Italia Smart” dell’edilizia non è ancora dietro l’angolo, ma è sicuramente diventata un obbiettivo molto più visibile e concreto rispetto ad anni fa. Perché per milioni di italiani, nell’anno 2022 la casa dei loro sogni ha fondamenta fatte di connessioni oltre che di cemento.

Per arrivare a conclusioni di tal fatta, basate su dati statistici e non su mere congetture, il webinar proposto dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, partiva da una precisa domanda tematica: “Smart Home, l’evoluzione della casa connessa: a che punto siamo?”.

Le risposte, raccolte in collaborazione con l’istituto Doxa, danno vita al report che, nel corso del webinar, è stato presentato dal direttore dell’Osservatorio, il professor Giulio Salvadori, coadiuvato nell’occasione da Matteo Reymond, direttore commerciale di CAME, trevigiano brand leader nel mondo per l’automazione di ingressi e cancelli.

“Il dato più forte del report – esordisce Salvadori – ci dice che la strada italiana alla Smart Home è stata finalmente imboccata una volta per sempre. Lo dimostra innanzitutto il fatturato 2021 raggiunto dal mercato interno della Smart Home: 650 milioni di euro, per una spesa pro-capite di 11 euro. A conferma che la flessione rilevata nel 2020, quando si fatturarono 505 milioni, con un calo del 5% rispetto ai 530 milioni del 2019, è stata dovuta unicamente al lockdown causato dalla pandemia di Covid”.

“La scia di una crescita potente e continua, avvertita dal 2016 in poi – chiarisce Salvadori – ha quindi ripreso a svilupparsi in modo importante, come testimoniato dal 29% di aumento del fatturato”. Quanto agli articoli che nel 2021 meglio hanno beneficiato di questo trend sotto il profilo delle vendite, primeggiano gli elettrodomestici Smart con il loro +21% di fatturato, tallonati dal +20 degli altoparlanti, dal +19 dei sistemi di sicurezza, e dal +17 degli impianti di riscaldamento e climatizzazione.

Poteva andare addirittura meglio, di un’altra quindicina di punti – con un totale puntato verso i 750 milioni – se nel corso del 2021 non fossero affiorate problematiche generate da carenze di materie prime e semiconduttori, secondo trend negativi che ancora non tenevano conto degli aumenti esponenziali dei costi energetici rilevati dall’inizio del 2022. Vedremo come il caro-bollette inciderà fra un anno sul mercato italiano della Smart Home, dove questo potenziale fattore negativo reciterà la sua parte in un contesto caratterizzato, al contrario, da quattro ragioni di crescita dell’indotto stesso. L’indagine Doxa, effettuata attraverso mille interviste, le individua in stili di vita, maggiore consapevolezza diffusa del digitale, migliore fruibilità di prodotti e sistemi, visione di un futuro possibile più chiara rispetto ad anni passati.

“La Smart Home si trova al centro del grande cambiamento che, per effetto di eventi traumatici ma anche di nuove acquisizioni culturali, sta investendo il nostro Paese da due anni a questa parte – spiega il professor Salvadori. – Anche per adesione al PNRR lanciato dal governo, un italiano su quattro, sulla base della nostra ricerca, sta riconfigurando la propria abitazione, oppure si accinge a farlo, mentre uno su sette si dichiara fortemente interessato a una più sostenibile gestione della spesa energetica”. A tale proposito, il direttore dell’Osservatorio IoT del Politecnico milanese indica nelle nuove caldaie, tendenzialmente “connesse” al resto dell’abitazione e ispirate a principi di sostenibilità, i cavalli di Troia grazie a cui una rivoluzione Smart ha iniziato ad attecchire nelle abitazioni degli italiani.

Su questo e su altri versanti è destinato a movimentare investimenti un PNRR che stanzia 4 miliardi per la telemedicina e altri 3,67 per lo sviluppo intelligente delle reti energetiche, noto anche come Smart Grid, oltre ad assegnare 900 milioni alla gestione sostenibile dei consumi idrici.

Certo, inquadrata in ambito europeo, la crescita del mercato Smart italiano è ancora lontana dai 4 miliardi raggiunti nel 2021 in Gran Bretagna, dove la spesa pro-capite supera i 58 euro, così come dai 3 miliardi e 900 milioni della Germania, pari a una spesa pro-capite di oltre 46 euro. Ma è anche vero che si può sperare in una maggiore capacità di recupero rispetto agli standard continentali considerando un’altra, significativa crescita rilevata dalla ricerca del Politecnico milanese, ovvero il 74% di consumatori dotati delle minime nozioni indispensabili per navigare nei mari del  digitale; nel 2021 si è quindi giunti a tre italiani su quattro, mentre nel 2017 erano poco più della metà, con percentuale fissata al 55%.

Attenzione, perché non è tutto oro ciò che brilla. In particolare, la ricerca svolta da Osservatorio IoT e Doxa sottolinea come il livello medio di dimestichezza con il digitale da parte dei consumatori italiani si soffermi alla mera superficie, ovvero alla conoscenza dell’esistenza di determinati prodotti e tecnologie, senza avere una conseguente capacità di installarli e gestirli in autonomia.

“Le app tanto sbandierate dal mercato – rileva il proposito il direttore Salvadori – restano lettera morta nel 46% dei casi, quando il consumatore deve perciò ricorrere a un sostegno esterno. E’ un campo, questo, in cui il settore degli installatori ha ancora molti margini di intervento e sviluppo, soprattutto se saprà elevare da semplice tecnico a consulente il proprio identikit professionale”. In tal senso, un altro ambito in cui i clienti palesano timori è quello della gestione dei dati, spesso relativi alla loro privacy oltre che sono in costante aumento.

La parte conclusiva del webinar è stata focalizzata sullo sviluppo della Smart Home italiana colto attraverso il qualificante punto di vista di CAME, brand di assoluta eccellenza nel settore dell’automazione degli ingressi, come testimoniato dalle dimensioni globali dell’azienda trevigiana, che può attualmente contare su filiali in 20 Paesi oltre a 480 distributori a cui affidare un export che  tocca 118 Paesi.

Matteo Reymond, che di CAME è il Chief Marketing Officer, indica proprio nei dati il valore aggiunto su cui costruire sviluppo nei prossimi anni. “Attraverso installazioni e sistemi ne acquisiamo così tanti – chiarisce Reymond – che possiamo partire dalla loro analisi per mantenere alta ed esclusiva la nostra competitività in mercati dove i giganti dello Hi-Tech continueranno a determinare standard e linee di sviluppo. Spetta a brand come CAME inserirsi in questi processi individuando i cosiddetti KSF, i fattori-chiave di successo in grado di fare la differenza”.