Road to Bari Smart City Conference 2022 – Un codice a barre per monitorare il riscaldamento globale

19 Marzo 2022 Ilaria Rebecchi


Si chiama Warming Stripes ed è la visualizzazione ideata dal climatologo inglese Ed Hawkins

Un grafico, come un codice a barre, per monitorare l’andamento del riscaldamento globale, tematica sempre più attuale e soprattutto preoccupante.
Ad ideare Warming Stripes è stato il climatologo britannico Ed Hawkins che, nel2 018, ha creato questo schema di facile utilizzo e fatto di righe a rappresentare gli anni, colorate con tonalità di rosso o blu a seconda dello scostamento in più o in meno dalla media.

Il professore di Scienze Climatiche all’Università di Reading è tra gli autori del quinto rapporto sul clima dell’Ipcc del 2014 e la prima firma del sesto, in uscita a breve. Da tempo aveva pensato ad un modo efficace per rendere visibili e facilmente interpretabili i dati sul riscaldamento globale.
Così, nel 2016 ha iniziato a visualizzare i dati con grafici a spirale animati, presto divenuti virali sui social e mostrati anche nella cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Rio de Janeiro. Pii, nel 2018, l’idea di tramutare i dati in una visualizzazione a mo’ di codice a barre.
Ad ogni anno viene assegnato un colore, con una tonalità di rosso o di blu a seconda del maggiore o minore scostamento rispetto alla temperatura media annuale rispetto a quella di riferimento (1850).

Il suo grafico è stato chiamato Warming Stripes, cioè barre di calore e in quello riferito all’Italia balzano all’occhio lo spostamento verso il rosso degli ultimi 30 anni, e gli anni più freddi del Novecento, coincisi casualmente con il periodo dei due conflitti mondiali.

Le temperature medie annue riferite all’Italia, in base alle quali è stato realizzato il codice a barre italiano, vedono gli ultimi sette anni come i più caldi da quando esistono rilevazioni affidabili, con record a 48,8 gradi registrati nell’estate 2021 Sicilia, un primato europeo.

E, per ciò che concerne le temperature globali del pianeta, l’ultimo anno in cui sono state sotto la media si registra il 1991, in corrispondenza con il raffreddamento globale dovuto all’eruzione del vulcano Pinatubo, nelle Filippine, che emise nell’atmosfera una grande quantità di aerosol di zolfo, sostanza che esercita un effetto barriera rispetto alla radiazione solare incidente.
Assente, tra il 1998 e il 2013, lo «hyatus», il «buco» della tendenza al riscaldamento che fu portato come testimonianza dai negazionisti del fenomeno del riscaldamento globale

Evidente, dai grafici, è stata una fase di raffreddamento tra gli anni Cinquanta e Novanta secondo gli scienziati dovuta alla variabilità multidecennale (Mdv) per le naturali oscillazioni oceaniche, e all’alto tasso di particelle inquinanti emesse tra il ’50 e il ’70 dalle industrie occidentali, che hanno schermato la Terra dai raggi solari facendo diminuire la temperatura.

Secondo i dati raccolti nei campioni di ghiaccio, tra il 1900 e il 1910 ha registrato temperature del 95% più fredde degli ultimi 11.400 anni. Un trend subito invertito, fino ad arrivare al decennio più caldo tra il 2010 e il 2020, con una rapidità che, ahinoi, non ha precedenti nel corso del periodo analizzato, nemmeno durante la fase finale dell’ultima era glaciale.

Uno studio dello scorso anno, dulcis in fundo, dimostra che oltre il 99,9% degli 88.125 studi pubblicati tra il 2012 e il novembre 2020 affermano che i cambiamenti climatici sono dovuti a cause umane.

 

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Ilaria Rebecchi

Executive Editor della rivista e del portale Smart Building Italia, lavora come Giornalista e Senior Copywriter specializzata in settori come tecnologia e digitale, creatività e social media.