Banda larga e Impresa 4.0

24 Settembre 2017 Smart Building Italia


A Torreano di Martignacco (7,5 chilometri a nord di Udine) la sera è «difficile riuscire a vedere in streaming anche Netflix»: lo speed test indica 1.60 Mbps in download. A Cassacco (17 chilometri sempre a nord di Udine) la velocità è di 0.73 Mbps: «Una connessione del genere è assolutamente inutilizzabile. Risulta impossibile utilizzare social come Snapchat, troppo esigenti in termini di banda. Ma anche Facebook non è godibile e i video bisogna scordarseli. Altri servizi come Netflix o Youtube riescono a malapena a caricare video con risoluzioni bassissime». Altro che banda larga.

È parte della cronaca pubblicata dal Messaggero Veneto, quotidiano del Friuli, agli inizi di agosto scorso. Eloquente titolo dell’articolo: «Banda larga Fvg, un’utopia lavorare e scaricare film». Tra l’altro, Torreano e Cassacco non si trovano nemmeno in collina, pianura piena, ma entrambe aree bianche secondo le mappe del Piano Strategico Banda Ultra Larga.

Sì, parliamo ancora di banda larga perché di esempi del genere ne è piena l’Italia (esempi del ritardo). E con una velocità di 0.73 Mbps non sei neanche catalogato in digital divide, ma dopo aver aperto la posta elettronica non ti resta che spegnere il pc. Una sciagura per i privati, figuriamoci per le aziende.

L’altro giorno Andrea Rangone, Ceo di Digital360, ammoniva su economyup.it che, considerato il miglioramento dello scenario economico, «Non ci sono più alibi economici, né politici, né infrastrutturali. Non ci sono più motivi per rinviare una seria strategia di innovazione e trasformazione digitale nelle nostre imprese capace di aumentare produttività e redditività… chi non premerà il piede sull’innovazione avrà una sola giustificazione: miopia culturale. E così facendo si precluderà ogni possibilità di crescita e di futuro».

Nel frattempo, compatibilmente con le risorse disponibili, la politica ha varato il piano sull’industria 4.0 che i primi risultati li ha dati. Nei primi sei mesi del 2017 gli investimenti in macchinari, apparecchiature elettroniche sono cresciuti del 9% rispetto allo stesso periodo del 2016, per 80 miliardi di euro.

banda largaL’effetto volano del piano ha convinto il ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda (nella foto), e il Governo a replicare l’esperienza anche se al momento non sono state ancora definite le risorse da stanziare. Intanto però c’è già una novità: come scrive wired.it « il programma cambia nome, non più solo industria 4.0, ma Impresa 4.0. Il governo guarda anche al settore dei servizi, che ha un alto potenziale di digitalizzazione».

Qui scaricate il documento del MISE Piano Nazionale 4.0 Risultati 2017 – Linee guida 2018.

Una buona notizia, dunque, ma la domanda più comune che aleggia è: gli incentivi rimarranno invariati? wired.it cita Marco Taisch, docente del Politecnico di Milano e co-responsabile dell’Osservatorio Industria 4.0, che promuove la proposta di rinnovare i bonus di iper e superammortamento: «sono due misure che hanno riscosso notevole successo tra le imprese, anche se alcune aziende non hanno potuto beneficiarne appieno in quanto la misura fiscale è stata messa a disposizione quando i budget per il 2017 erano ormai stati decisi: se i bonus saranno rinnovati, molte imprese potranno cogliere l’opportunità di un sostegno agli investimenti nel 2018».

banda largaOra, visto che industria 4.0 è un concetto che significa essenzialmente automazione associata alla rete, il ministro Calenda intende rivedere è il progetto banda larga, come spiega ancora wired.it. La promessa è di stanziare altri 3,5 miliardi di euro. «D’altronde, la consultazione del maggio scorso ha evidenziato che solo il 2% dei numeri civici viaggia a 100Mbps in download, mentre il 30% naviga a 30 Mbps, il 41% rientra nei bandi di gara pubblicati nel 2017 e il 28% è ancora scoperto. Di questo passo, nel 2020 l’11% dei civici sarebbe ancora senza fibra e il 48% a 30 Mbps. Il ritmo è lento, il rischio è quello di non riuscire a raggiungere gli obiettivi».

Il caso del Friuli descritto da Messaggero Veneto è un’evidenza, ma anche un monito.