Data center sostenibili? Il problema sono le strategie territoriali

24 Novembre 2025 Luca Baldin


Dai Paesi scandinavi un modello replicabile al Sud

La corsa alla trasformazione digitale sta cambiando il volto delle infrastrutture critiche europee. Nei Paesi nordici, questa evoluzione ha preso una direzione precisa: quella della sostenibilità come architrave di un nuovo modo di progettare e gestire i data center. Non una scelta cosmetica, ma una strategia industriale che considera l’energia – e il modo di usarla – come il punto di partenza di qualsiasi sviluppo infrastrutturale. È un laboratorio avanzato, e forse il più interessante da osservare per chi, come noi in Italia, si trova oggi davanti a un bivio.

Il modello scandinavo funziona perché è sistemico. Energia rinnovabile abbondante, clima favorevole, politiche stabili: è la combinazione di questi elementi a consentire la crescita dei data center senza aggravare la pressione ambientale. In Svezia o in Finlandia non si costruisce un data center per poi chiedersi cosa farne del calore prodotto: si pianifica da subito come reimmetterlo nelle reti urbane, trasformando un “problema” in una risorsa per i cittadini. È un approccio che mette insieme industria digitale, urbanistica e politiche energetiche, come da tempo sosteniamo in ambito Smart Building.

Eppure, questa storia non riguarda solo il Nord Europa. Riguarda anche noi. Anzi: riguarda soprattutto quelle regioni italiane che oggi possono giocare un ruolo decisivo nella transizione digitale ed energetica. Le regioni meridionali, con la loro dotazione di fonti rinnovabili – eolico e fotovoltaico in primis – rappresentano la più grande opportunità mancata del nostro Paese. Paradossalmente, sono proprio le aree che potrebbero ospitare data center a impatto quasi nullo, beneficiando allo stesso tempo delle ricadute economiche e occupazionali dell’industria digitale.

Immaginare un “modello mediterraneo” dei data center sostenibili non è un esercizio utopico: è un percorso che l’Italia può intraprendere subito, a patto di superare frammentazioni normative e lentezze autorizzative. Oggi gli “hyperscaler” guardano con interesse al nostro mercato, ma cercano garanzie: disponibilità stabile di energia green, infrastrutture elettriche robuste, piani territoriali coerenti. Tutto ciò che i Paesi nordici hanno costruito negli ultimi vent’anni, noi possiamo realizzarlo più rapidamente se decidiamo di farlo diventare una priorità nazionale.

La lezione scandinava è chiara: non basta installare rinnovabili, bisogna integrarle in una strategia industriale. Serve pianificazione. Serve visione. Serve la capacità di leggere il data center non solo come un colosso energivoro, ma come un nodo intelligente di un ecosistema complesso che produce valore, servizi e – se governato bene – persino calore utile alle comunità.

E dunque la domanda è semplice: perché non farlo anche qui? Perché non trasformare il Mezzogiorno nella punta avanzata della data economy sostenibile europea? Il potenziale c’è già. Manca solo la scelta politica di attivarlo. Se il Nord Europa ci mostra la strada, l’Italia meridionale può diventare la vera sorpresa della prossima stagione digitale. Basta decidere di crederci.

 

Il 27 marzo 2026 ne parleremo al primo “Mediterranean Data Center Forum” a Bari

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.