L’Edilizia oggi tra recupero e nuove costruzioni
L’Arch. Cecilia Hugony – AD di Teicos UE – parla del valore delle competenze dei professionisti e degli strumenti a disposizione per riqualificazione, pianificazione e attività di cantiere.
Le donne? “Attraverso una maggior presenza femminile e campagne di sensibilizzazione si ridurranno le discriminazioni sul cantiere”
Cecilia Hugony è architetto, Executive MBA presso l’università Bocconi e Master in gestione urbana all’UPC di Barcellona. Per 15 anni ha sviluppato la sua attività professionale all’estero operando come progettista e come ricercatrice, anche in progetti di cooperazione internazionale. Dal 2014 è Amministratrice Delegata della Teicos UE S.r.l., impresa specializzata in riqualificazione edilizia con un approccio innovativo.
Cecilia Hugony è oggi un referente nazionale nel campo della riqualificazione energetica: è coordinatrice di Renovate Italy, membro delle commissioni tecnologia e Innovazione di ANCE, Assimpredil ANCE, ANCE Lombardia; è docente invitato al master RIDEF del Politecnico di Milano e al Master Edifici e infrastrutture sostenibili della scuola Master Fratelli Pesenti. Ha al suo attivo una quindicina di pubblicazioni in 4 lingue.
Il settore dell’edilizia oggi: quali peculiarità e sfide per il domani, in Italia e all’estero?
“Gli investimenti nelle costruzioni oggi sono rivolti per quasi l’80% al recupero del patrimonio esistente. Di fatto, il prodotto dell’industria edile sta cambiando: dalla nuova costruzione alla riqualificazione di edifici già costruiti. In Italia, potremmo riassumere la situazione così: per 60 anni abbiamo costruito gli spazi per l’abitare (pensiamo che il 66% del nostro patrimonio edificato è stato costruito dal dopoguerra al 2001), nei prossimi 60 dovremo occuparci di mantenerli in condizioni adeguate alle attuali esigenze degli abitanti. Questa situazione si rileva nella maggior parte dei paesi europei.
Nonostante l’evidenza di questi dati, continuiamo ad affrontare gli interventi di riqualificazione con regolamenti, norme, modelli di business, strutture aziendali e produttive pensate per le nuove costruzioni. Questo è un grosso limite che la filiera deve affrontare attraverso percorsi innovativi e sfidanti che permettano di formulare nuovi modelli di intervento sul territorio. Le norme europee sono orientate a promuovere questa riflessione, che deve iniziare a livello statale, e avrà un forte impatto sulla qualità della vita dei cittadini. Non dimentichiamo che l’industria dell’edilizia è la protagonista nella rigenerazione urbana e territoriale.”
Il tema del revamping del costruito sembra essere prioritario in un Paese come il nostro: qual è il suo punto di osservazione e come intervenire sul patrimonio edilizio esistente per rimanere in linea con le direttive digital e green che l’Europa ci impone?
“Gli edifici esistenti hanno generalmente uno o più proprietari che sono spesso poco competenti in edilizia. Bisogna necessariamente partire dal rapporto con il committente, dal comprenderne le inquietudini e le necessità per guidarlo in un percorso di qualità. In questo ambito, sarebbe opportuno avere regole chiare e controlli costanti per verificarne l’applicazione: l’adeguamento energetico dei nostri edifici, per esempio, è una necessità per la sicurezza energetica dell’intero continente, e non può essere lasciato alla sensibilità del proprietario o del progettista. Ben vengano quindi norme e regolamenti chiari che stabiliscono obblighi specifici in relazione ai diversi interventi, ancora meglio se accompagnati da controlli sulla loro effettiva applicazione.
Nella corretta applicazione delle norme e nella loro integrazione con i desiderata dei proprietari, i progettisti hanno una grande responsabilità, e spesso accade che non abbiano sufficiente formazione. Le normative e le indicazioni green e digital sono in costante evoluzione, ed è complesso rimanere aggiornati e nello stesso tempo acquisire l’esperienza necessaria per assumersi la responsabilità di dare indicazioni progettuali.
A mio parere, quindi, la formazione dei progettisti e la verifica dell’adeguatezza dei progetti è un tema complesso da affrontare.
Venendo invece alle imprese, e qui il mio punto privilegiato di osservazione, ritengo che sia necessario un radicale cambiamento delle strutture aziendali, una vera e propria riconversione industriale. Occorre aumentare drasticamente le competenze ingegneristiche e finanziarie, perfezionare gli strumenti di rilievo e conoscenza degli edifici esistenti, ampliare le attività di pianificazione e costruzione off site, al fine di ridurre la necessità di mano d’opera sul cantiere e ridurre le tempistiche degli interventi. Questo processo comporta una maggior dimestichezza con le tecnologie dell’informazione e nuove opportunità per giovani e per le donne.”
Qual è il suo punto di vista come imprenditrice del settore delle costruzioni, ambito storicamente meno femminile ma che oggi inizia a dare spazio a nomi illustri lato aziende, istituzioni e associazioni…
“Vero, la presenza delle donne comincia ad essere accettata anche a livelli dirigenziali, specialmente sulle questioni legate alla contabilità, alla comunicazione, alla gestione dei rapporti. Il cantiere è ancora uno spazio critico, dove il pregiudizio di genere e le micro-aggressioni sono all’ordine del giorno. Le donne che comunque esercitano queste attività sono costantemente messe alla prova e devono avere una produttività e un’efficacia maggiore rispetto ai colleghi uomini. Questo le porta spesso ad abbandonare la carriera dopo pochi anni, ritirandosi ad attività nelle quali sono meno discriminate (per esempio, in ambito progettuale o commerciale). È chiaro che la presenza di donne brillanti che occupano luoghi apicali nelle associazioni di categoria è un forte stimolo per tutte, visto che finalmente ci sono delle “role model” da avere come riferimento.
L’edilizia non può prescindere dalle donne. È un settore già poco attrattivo, considerato tradizionalista, chiuso, analogico; c’è un forte problema di ricambio generazionale, l’età media del personale è molto alta; c’è una crisi vocazionale, lavorare in edilizia pare non interessare più a nessuno. L’assoluta predominanza maschile non aiuta a creare ambienti di lavoro collaborativi e inclusivi, e quindi più attrattivi per le giovani generazioni. Le donne qui possono portare i loro talenti e trovare spazio per svilupparli, viste le numerose offerte di lavoro che rimangono senza risposta. Pian piano, attraverso una maggior presenza femminile e opportune campagne di sensibilizzazione sugli uomini, si ridurranno le discriminazioni sul cantiere.”