Smart Working, la via maestra per l’emergenza e per quando finirà

25 Marzo 2020 Smart Building Italia


Il report 2019 del Politecnico di Milano parla di 570mila italiani (+20%) felicemente convertiti al “lavoro agile”, da svolgere fuori sede, raccomandato anche da Sharon Stone. Secondo Fiorella Crespi, direttrice dell’osservatorio che ha prodotto il dossier, è una tendenza soggetta a una potente accelerazione dovuta all’emergenza in corso. “Ma non è questione solo di flessibilità e dislocazione. È un nuovo modo di lavorare, basato su empatia e adattabilità da parte di capi e dipendenti” I numeri, relativi a soddisfazione e fidelizzazione, le danno ragione, con segnali incoraggianti anche dalla Pubblica Amministrazione

Smart Working, lavoro agile: da 570mila italiani che lo praticano, statisticamente rilevati pochi mesi fa, con un grado di soddisfazione espresso dal 76% del totale, a un numero che potrebbe essere almeno il doppio. È un passo che si annuncia breve, considerando l’emergenza coronavirus che costringe ad accelerare ogni possibilità di lavoro da casa.

Tanto che quella dello Smart Working è opzione vivamente raccomandata anche da Sharon Stone, la famosa attrice di film come “Basic Istinct”, tramite un video da lei espressamente dedicato all’Italia colpita dalla catastrofe sociosanitaria del coronavirus. “Siate ottimisti – esorta la sessantaduenne artista americana – anche working from home”, ovvero lavorando da casa, e nel dire questo mostra all’obbiettivo il portatile che tiene con sé, assieme all’adorato cane boxer Joe.

Certo, non tutti praticano un lavoro che si presta a questo sviluppo, è la fondata obiezione al messaggio lanciatoci da Sharon Stone che, di sicuro, nella sua attività di produttrice cinematografica, avrà modo di verificare sceneggiature e preventivi via internet con una frequenza e una facilità sconosciute a un operaio edile o a un macellaio. Ma è altrettanto vero che l’eccezionale emergenza in corso, destinata a durare non sappiamo ancora per quanto e in quali forme, è già destinata a una magari disordinata, ma prepotente accelerazione del ricorso da parte di sempre più italiani allo Smart Working, nella nostra lingua definito “lavoro agile”.

“Quest’emergenza provocata dall’epidemia sta sottoponendo l’intero sistema produttivo italiano a uno stress-test improvviso e violento – spiega la docente Fiorella Crespi, direttrice dell’osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano – e di certo, quando saremo usciti dal tunnel, molte più aziende rispetto al trend usuale avranno sperimentato un proprio approccio allo Smart Working che, a quel punto, risulterà maggiormente inserito nei processi produttivi del Paese”.

Ovviamente non si vorrebbe mai giungere a evoluzioni generate da presupposti così drammatici, ma è nello stesso tempo chiaro già ora che, giunti a questo punto, l’Italia del dopo-coronavirus sarà un’Italia radicalmente diversa da quella precedente all’epidemia, anche a causa delle forti implicazioni riguardanti il lavoro. “Sarà importante rilevare i numeri dello Smart Working alla fine del 2020 – continua Fiorella Crespi – perché, già prima di quest’emergenza, il report 2019 elaborato dall’osservatorio del Politecnico censiva circa 570mila Smart Worker italiani, pari a un significativo aumento del 20%  rispetto all’anno precedente. Erano ancora pochi nel contesto dei circa 18 milioni di lavoratori dipendenti attivi nel nostro Paese, qualcosa attorno al 2,5% del totale, ma ora ci aspettiamo una crescita sensibile”.

Un qualche segno “più” potrebbe riguardare la pubblica amministrazione, impegnata sulla via di un lavoro più “Smart” già dal 2015, anno del Decreto Legge numero 81, il cui obbiettivo era lo snellimento di strutture e procedure nel successivo triennio tramite aggiornamenti contrattuali riguardanti un primo blocco equivalente al 10% dei dipendenti pubblici. “Il report 2019 ci parla di  un 16% di pubbliche amministrazioni italiane che hanno avviato progetti di lavoro agile, il doppio rispetto all’8% del 2018 – commenta la direttrice dell’osservatorio milanese. – È un dato confortante, soprattutto se teniamo conto di un contesto generale di uffici pubblici funzionanti con macchine arretrate, che non garantiscono il necessario supporto tecnologico. In ogni caso va sottolineato come la parola-guida di quel Decreto Legge fosse flessibilità, termine appropriato ma insufficiente nel definire la portata del fenomeno Smart Working”.

“Le esperienze finora compiute sul campo – spiega la docente del Politecnico – mettono in luce che non si può limitare lo Smart Working a una questione di flessibilità, dovuta alla disponibilità del dipendente di lavorare a casa, invece che in sede. Proprio la distanza fisica, la mancanza di contatto, impongono un nuovo tipo di relazione all’interno della struttura. Da una parte ci sono infatti dei dipendenti non più legati a postazioni fisse, ma mobili, in grado di produrre lavoro anche dalla propria abitazione, con fluidità e adattabilità; dall’altra si situano capi che, in base a queste nuove modalità, devono cambiare radicalmente i propri criteri di valutazione dei lavori svolti”.

“Appare chiaro il maggior peso esercitato in dinamiche del genere dall’empatia – continua Fiorella Crespi – perché se capo e dipendente si vedono fisicamente una volta alla settimana invece che tutti i giorni, sarà opportuno ottimizzare quell’incontro tramite un dialogo chiaro, utile a entrambi. Finora questo cambio di rotta appare recepito, e possiamo dirlo sulla base del gradimento per lo Smart Working espresso dal 76% di chi lo pratica, mentre fra i dipendenti stanziali il gradimento del proprio lavoro si ferma al 55%”. Ma, su questa stessa scia, il report 2019 prodotto dal Politecnico rileva dati importanti anche a proposito degli alti livelli di coinvolgimento e fidelizzazione manifestati da questi Smart Worker, il cui 31% si dichiara soddisfatto dell’organizzazione del proprio lavoro, contro il 19% degli altri, mentre l’orgoglio per i risultati raggiunti è un sentimento che concerne il 71% di loro, contro il 62% degli altri.

Una riflessione evocata da queste parole riguarda la tipologia delle realtà in cui è finora attecchito con maggior successo lo Smart Working. Sono aziende che per la maggior parte hanno dimensioni “macro”, soprattutto imprese di grandi dimensioni in ambito privato, Regioni e comuni metropolitani in ambito pubblico, assimilabili per l’alto numero di dipendenti e le svariate mansioni previste al loro interno. Più ardua diventa la prospettiva del lavoro agile dentro aziende medie e piccole, dove sono spesso più numerosi i lavori manuali da svolgere, e più alta è la resistenza da parte di imprenditori e manager a rinunciare al rapporto diretto con i dipendenti.

In ogni caso appare già adesso chiaro che a operare in modo decisivo per l’avvento strutturale dello Smart Working è un decisivo fattore generazionale. “Non c’è dubbio che i giovani lo vivono come qualcosa di coerente con la propria formazione e anche con i loro principiconclude Fiorella Crespi. – Parliamo infatti di ventenni e trentenni cresciuti assieme ai loro Pc, da un certo punto di vista, e perciò abituati a lavorare in remoto, e a sommare uno sull’altro contratti a tempo determinato, stage, lavori a progetto. Sono soggetti mobili, inclini da una parte a una forte autonomia nel gestire i propri tempi produttivi, e dall’altra favorevoli a un modello di lavoro dove l’alternanza casa-sede significa anche meno inquinamento, meno spese di mobilità, nonché migliore utilizzazione degli stessi spazi aziendali, all’interno dei quali i tempi morti spariscono e le relazioni con superiori e colleghi possono acquistare più senso”.

Sarà ora l’anno del coronavirus a dettare, almeno in parte, scelte e comportamenti in tema di Smart Working. In attesa di capire con quali risultati, l’osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano indica buone pratiche in pieno corso attraverso gli Smart Awards 2019, i premi riservati alle aziende che hanno investito in progetti di lavoro agile giudicati esemplari. Fra i privati il riconoscimento va a due compagnie assicurative: la francese Europ Assistance per il progetto “EA Smart Working”, e Reale Mutua per l’iniziativa “Be Smart”. Premi anche al colosso petrolifero Saipem per “FlexAbility” e al network televisivo Sky Italia per “Open Working”.

Fra le piccole e medie imprese Smart Award a Mail Up, piattaforma di servizi postali digitali, mentre in ambito pubblico premio alla Regione Emilia Romagna e menzione speciale per la Regione Liguria.