La spesa energetica delle famiglie già in aumento nel 2020

5 Gennaio 2023 Angela


Il report Istat evidenzia una crescita dei costi antecedente alla crisi energetica per la guerra in Ucraina. La quota maggiore della spesa per metano ed elettricità

Cominciamo dall’obiezione, ovvero che in materia di consumi energetici parlare dell’anno 2020 è come riferirsi a un lontano passato, soprattutto considerando gli stravolgimenti causati dal conflitto in Ucraina. Ciò nonostante, si può fare un’asserzione, poiché per quanto “datata” la fotografia fornita dall’Istat dei consumi energetici delle famiglie italiane rappresenta comunque un prezioso strumento per individuare incidenza economica, distribuzione geografica e fonti utilizzate, tutti elementi il cui valore permane nel tempo.

I criteri adottati dall’Istat

Innanzitutto va detto che per determinare la spesa energetica nelle abitazioni del nostro Paese l’Istat prende in considerazione molti elementi. Si va dalle spese sostenute per il riscaldamento a quelle per la produzione di acqua calda, dai costi per il raffrescamento dell’abitazione agli oneri per la cottura dei cibi e per il funzionamento di tutti gli elettrodomestici. Il tutto tenendo presenti le distinte fonti energetiche: energia elettrica, gas naturale (metano), biomasse, gasolio, GPL (bombole/cisterne o di rete), energie rinnovabili. Inoltre, concorrono alla quantificazione dei consumi energetici domestici anche quelli derivanti dall’utilizzo di attrezzature motorizzate da giardinaggio e dall’eventuale ricarica in ambito domestico di veicoli elettrici (auto elettriche o ibride plugin, motoveicoli, biciclette, ecc.).

Spesa di 1.411 euro per famiglia

Ciò premesso, il report dell’Istat indica che nel 2020 le famiglie italiane hanno speso complessivamente 36 miliardi di euro per i consumi energetici dell’abitazione in cui vivono, con una spesa media annua di 1.411 euro (corrispondenti a circa 118 euro al mese). Il 41,8% delle famiglie ha dichiarato di aver osservato, rispetto al 2019, un aumento di spesa per i propri consumi energetici, una percentuale, peraltro, che è facile immaginare in aumento nel 2021 e, soprattutto, nell’anno che si è appena concluso. In particolare, per il 12,3% delle famiglie le spese sono notevolmente aumentate, per il 29,5% sono aumentate in misura moderata, sono rimaste invariate per il 35,3% delle famiglie, mentre per il 3,5% sono diminuite. Un aumento delle spese – osserva l’Istituto di Statistica – a cui ha contribuito la maggiore presenza in casa dei familiari durante i periodi di lockdown, nonché lo smart working.

Prevalenza di metano ed energia elettrica

Il gas naturale (metano) e l’energia elettrica sono le fonti che nel 2020 hanno inciso di più sulla spesa energetica domestica. Nel dettaglio, il metano ha contribuito alla spesa per 15.636 milioni di euro, corrispondenti a una quota pari al 43,4% della spesa totale (nel 2013 era il 49,8%), mentre l’energia elettrica ha inciso per 14.511 milioni di euro (40,3% della spesa totale, 35,5% nel 2013). Una prevalenza netta che si spiega, nel caso del metano, con l’utilizzo per il riscaldamento degli ambienti, oltre che per l’acqua sanitaria e per la cucina. Quanto all’energia elettrica, alimenta i grandi e piccoli elettrodomestici e sempre di più anche gli apparecchi per la climatizzazione (come le pompe di calore). Ed ancora, soluzioni innovative di alimentazione elettrica si rilevano anche per la mobilità (ricarica domestica di veicoli elettrici) e la domotica.

Spesa energetica più elevata al Nord

La quota rilevante di spesa dovuta alla necessità di riscaldare le abitazioni rappresenta il principale fattore che determina le differenze dei costi energetici familiari a seconda del territorio. Infatti, la spesa energetica media annuale per ogni nucleo residente è più alta nel Nord del Paese (1.555 euro nel Nord-est e 1.533 nel Nord-ovest), si attesta su livelli intermedi nel Centro (1.385 euro) e tocca i valori minimi nel Sud e nelle Isole (rispettivamente 1.257 euro e 1.145 euro). A livello regionale i valori massimi si registrano in Valle d’Aosta (1.762 euro), Piemonte (1.630 euro), Veneto (1.587 euro) e Umbria (1.563 euro), mentre le spese minime si riscontrano in Sicilia (1.084 euro), Puglia (1.147 euro) e Campania (1.242 euro).

Tanti impianti di riscaldamento obsoleti

Uno degli aspetti più interessanti della rilevazione Istat, in questo caso aggiornata al 2021, riguarda “l’età” degli impianti di riscaldamento che ovviamente incide sul consumo energetico di un’abitazione, essendo quest’ultimo correlato all’efficienza delle dotazioni. Ebbene, per riscaldare l’abitazione il 57,8% delle famiglie si avvale in modo prioritario di una dotazione che ha più di dieci anni, mentre il 32,5% utilizza apparecchi o

impianti con almeno 20 anni. In particolare, ad essere più vecchi sono gli impianti centralizzati di riscaldamento (oltre il 40% ha almeno 20 anni, il 17,7% meno di cinque anni). Tra gli impianti autonomi il 35,2% ha almeno 20 anni e il 18,5% meno di cinque anni. Di contro, gli apparecchi singoli (fissi o portatili) sono i più moderni: il 37,2% ha meno di cinque anni e solo il 16,1% ha almeno 20 anni.