Impianti elettrici questi sconosciuti

14 Maggio 2025 Luca Baldin


Una fotografia delle famiglie italiane nell’indagine ANIE-CRESME

Abbiamo già scritto, in più occasioni, dell’importante ricerca commissionata da ANIE a CRESME per tracciare lo stato dell’arte del settore dell’impiantistica elettrico-elettronica nel nostro Paese.

Una ricerca cruciale nel momento in cui si parla sempre più di elettrificazione dei consumi e che affronta questo tema dal punto di vista dei principali stakeholder, ovvero famiglie, progettisti, installatori e amministratori di immobili.

In questo breve articolo cercheremo di fissare l’attenzione sul primo livello in assoluto, ovvero il punto di vista dei 26,4 milioni di famiglie censite dall’ISTAT, in altri termini tutti noi.

Un primo dato che emerge è che circa il 60% dei nuclei famigliari italiani vive in abitazioni il cui anno di costruzione è precedente al 1980, quindi in case che nel migliore dei casi sfiorano il mezzo secolo di vita, una fetta rilevante delle quali (il 23,6%) risalgono addirittura ad anni precedenti il 1960, ovvero ad un periodo storico in cui lo Stato italiano non aveva ancora legiferato in materia di efficienza energetica (la prima legge al riguardo è n. 373/1976).

Tipologicamente, inoltre, circa il 38% delle famiglie vive in case mono o bifamigliari e il rimanente in condomini più o meno grandi; nel 77% dei casi l’immobile in cui si risiede è di proprietà (un dato elevato se paragonato al 49% dei tedeschi e al 64% dei Francesi).

All’interno di questo quadro generale, le abitazioni che hanno visto interventi sull’impianto elettrico sono circa il 40%, con lavori che vanno dal rifacimento totale dell’impianto, alla messa a norma per arrivare fino all’installazione di impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica per i veicoli elettrici.

In sintesi: abitazioni piuttosto datate, spesso di proprietà, con impianti elettrici solo parzialmente adeguati e con una proprietà scarsamente propensa alla manutenzione. Questo lo stato dell’arte. Ma il compito della ricerca era anche quello di entrare nel merito di ciò che le famiglie italiane sanno dei loro impianti, e qui cominciano i veri dolori, perché i dati raccolti dal CRESME fotografano una situazione disarmante. Proviamo a riassumerla.

Circa la metà delle famiglie italiane non ha la minima idea se il proprio impianto sia monofase o trifase e il 17% addirittura non conosce nemmeno la potenza del proprio contatore. Dato ancor più preoccupante, meno della metà delle famiglie sa se il salvavita è funzionante e ne verifica periodicamente le condizioni d’uso. Il 70% dichiara infine di non conoscere minimamente il livello prestazionale del proprio impianto e nemmeno l’esistenza delle tre categorie previste dalla norma CEI 64-08 (Livello 1 base, Livello 2 standard e Livello 3 domotico).

Un po’ meglio va sul fronte dell’illuminotecnica, dove, non fosse altro per sostituzione, i corpi illuminanti a Led rappresentano ormai il 70% del totale e circa il 60% del campione intervistato ha dichiarato di essere a conoscenza dell’esistenza di sistemi automatici per la gestione dell’illuminazione delle loro abitazioni; il che non significa, si badi bene, che li utilizzino, ma che potenzialmente potrebbero farlo, anche se la propensione media all’innovazione non brilla in Italia, almeno in questo campo. Soltanto il 31% del campione, infatti, si è dimostrato propenso a inserire tecnologie evolute all’interno della propria abitazione, con una spaccatura abbastanza netta tra over e under 55, con questi ultimi, fortunatamente, molto più attenti alle dotazioni tecnologiche degli edifici, cosa che ci lascia uno spiraglio di speranza per il futuro.

Considerato tuttavia il valore molto alto di coloro che si dimostrano scarsamente motivati, diventa interessante capire perché, e la ricerca anche in questo caso è chiara e ci dice che tra i più anziani prevale la sensazione di non aver bisogno delle nuove tecnologie, motivazione che va a braccetto col timore di non saperle usare (il che lascerebbe aperta una domanda: prevale la scarsa considerazione o piuttosto la diffusa sensazione di inadeguatezza di fronte all’innovazione tecnologica?), mentre tra i più giovani la prima preoccupazione è in assoluto il costo.

In entrambi i casi, spesso, abbiamo a che fare con preconcetti duri a morire, ma che hanno anche a che fare con una difficoltà evidente per chi si occupa di queste tecnologie di comunicare correttamente e in modo efficace.

Il quadro che emerge da questa sezione della ricerca non è quindi esaltante, mostrando soprattutto una netta spaccatura generazionale che diventa ancora più grave se si considera che l’età media di un acquirente di immobile in Italia è di circa 43 anni.

Si tratta di un approccio un po’ semplicistico, ma in conclusione non ci sembra del tutto erroneo affermare che, almeno in questa fase di transizione, chi è più attento e propenso all’innovazione non ha i mezzi per farlo e chi ce li avrebbe non è propenso ad investire; uno scenario che solo il ricambio generazionale può modificare in meglio, ma con una dinamica inevitabilmente lenta, se non accelerata da fattori esogeni, quali interventi normativi in materia.

Sullo sfondo di tutto ciò aleggia il tema della sicurezza, che non fa sconti e che non aspetta, con impianti obsoleti del tutto inadeguati a supportare la transizione energetica dalle fonti fossili all’elettrico. Come dire, c’è materia in abbondanza su cui riflettere e far riflettere.

 

 

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.