Sanità robotica: quali scenari futuri?

27 Luglio 2021 Ilaria Rebecchi


Un grande gap tra ambito legale, sociale, informativo ed etico. Eppure le tecnologie applicate alla robotica potrebbero aiutare gli anziani, i caregiver e ridurre la spesa pubblica

La robotica potrà migliorare la qualità della vita degli anziani e di chi se ne prende cura, con un conseguente ritardo del bisogno di assistenza da parte dello Stato.
Questo, in estrema sintesi, il panorama futuro che delinea come la robotica potrà concretamente supportare le sfide connesse con l’invecchiamento della popolazione.
Se infatti la proporzione di persone anziane risulta ad oggi in continuo aumento (nel 2019 erano 703 i milioni di persone dai 65 anni in su, cioè circa il 9% ed entro il 2050 si stima di toccare il 16%) anche a causa di una riduzione di fertilità e miglioramenti nella sopravvivenza, con incremento conseguente dell’aspettativa media di vita fino ad oltre 84 anni in Italia, è noto il dato che stima la riduzione anche del rapporto tra anziani e persone in età lavorativa: entro il 2050 in Europa, questo numero arriverà a 49 su 100.

Un invecchiamento su scala globale che comporta la maggior incidenza di malattie correlate, su tutte la demenza, e la stima che, sempre entro il 2050, saranno oltre 130 i milioni di persone affette da questa malattia in tutto il mondo. E il peso della demenza colpisce anche il sistema sanitario: la capacità dei pazienti di vivere autonomamente diventa quindi minata da questa condizione disabilitante e il supporto dei cosiddetti caregiver diventa essenziale. Supporto che, però, richiede tempo ed energia fisica e mentale, con conseguenze psicologiche negative in termini di stress emotivo e psicologico, ansia e depressione fino alla riduzione della qualità della vita.

E la tecnologia, in particolare la robotica?

Le tecnologie assistive intelligenti (IAT) sono in grado di compensare i deficit fisici, cognitivi e comportamentali specifici degli anziani, in particolare di quelli più bisognosi di supporto assistenziale, riducendo quindi l’onere della figura del caregiver ad esempio con la fornitura di assistenza facilitata, in aiuto ai pazienti affetti da demenza nel continuare a vivere in modo indipendente a casa e nel mantenere l’indipendenza nelle strutture sanitarie.
Quali gli effetti?
Innanzitutto un ritardo della necessità di assistenza istituzionale e delle spese sanitarie, abbinato ad uno sgravamento degli oneri del caregiving anche sui membri della famiglia e, dulcis in fundo, il netto miglioramento della qualità della vita dei pazienti legato alla loro indipendenza, autonomia, interazione sociale.
Un potenziale riconosciuto dalla Commissione europea con l’iniziativa Information Society Policy Link (ISPL) a sottolineare come l’assistenza a domicilio sia più conveniente a confronto con l’assistenza in ospedale o casa di cura. 

La robotica rappresenta quindi una componente essenziale dell’ambito IAT. Ad esempio, diversi interventi di roboterapia rivolti ad anziani con demenza possono supportare in maniera molto efficace, attraverso robot di riabilitazione, di servizio, di telepresenza e di compagnia.

I primi possono supportare o assistere funzioni fisiche o cognitive dell’utente come la locomozione e il controllo motorio. I robot di servizio invece vengono usati soprattutto per offrire assistenza ai pazienti affetti da demenza ad esempio integrando l’assistenza degli assistenti umani, mentre quelli di telepresenza possono fornire il monitoraggio remoto dei pazienti permettendo il controllo a distanza o l’interazione con il caregiver, ad esempio in tandem e con telefonia e controllo remoto.
Infine, i robot di compagnia permettono di operare dal punto di vista del supporto psicosociale.

Allora perché la robotica sembra ancora fantascienza, nonostante gli evidenti e accertati benefici?

Il motivo è un importante un gap tra tecnologia e assistenza sanitaria che tocca dalla dimensione sociale a quella legale ed etica.
Inoltre, la diffusione delle conoscenze potrebbe ben favorire l’interazione e la condivisione tra le parti nella cura e gestione dei robot mettendo concretamente a dialogo progettisti, sviluppatori di software, ingegneri hardware, aziende di produzione, geriatri, neurologi e altri professionisti sanitari, istituzioni sanitarie, agenzie di regolamentazione, caregiver informali e, soprattutto, i pazienti.
Ma il gap informativo è l’altro importante tassello di questo garbuglio difficile da districare.
E se la robotica finalizzata all’assistenza degli anziani può davvero aprire le porte di una miglior gestione della crisi della salute pubblica, è anche vero che sono necessarie ulteriori ricerche per affrontare questioni sociali, legali ed etiche a sostegno di questo progetto su larga scala, unendo le forze tra robotica, appunto, gerontologia, infermieristica e geriatria.

 

Ilaria Rebecchi

Executive Editor della rivista e del portale Smart Building Italia, lavora come Giornalista e Senior Copywriter specializzata in settori come tecnologia e digitale, creatività e social media.