Telco all’attacco sull’FTTH

23 Aprile 2018 Smart Building Italia


«Fiber to the home (FTTH) e impianti proprietari: come la mettiamo?», si intitola così l’articolo firmato da Luca Baldin, project manager di Smart Building Italia, che sarà pubblicato nel nuovo numero del Giornale dell’Installatore Elettrico (che ringraziamo per la concessione. Per leggere il Giornale in versione digitale occorre registrarsi a questo link). Titolo volutamente provocatorio come provocatorio appare l’atteggiamento delle telco, alcune telco, in relazione all’FTTH e all’impianto multiservizio, ingolosite certamente da quella che comincia ad essere una reale opportunità. Le cose si stanno muovendo.

Ecco alcuni stralci del testo.

«Da qualche tempo gli amministratori di condominio sono sull’orlo di una crisi di nervi. La ragione risiede nel fioccare di lettere dal tono ingiuntivo di aziende di tlc che dichiarano l’intenzione di accedere agli edifici da loro amministrati per “cablarli” in modalità FTTH, appellandosi al Decreto Legislativo del 15 febbraio 2016 n. 33. Tra gli operatori ci sono quelli che precisano tale intenzione, limitandola ai casi in cui non sia già stato realizzato un impianto ai sensi dell’art. 135 bis del DPR 6 giugno 2001 n. 380, ovvero il Testo Unico in materia di edilizia; altri, invece, manifestano l’intenzione di “infischiarsene”, volendo arrivare all’utente col loro impianto monofibra, costi quel che costi».

È una presa di posizione muscolare per conquistare terreno (e abbonati), specie nelle aree più appetibili commercialmente.

«Il Decreto 33 – specifica il testo – mira a semplificare le procedure per la realizzazione della rete BUL (banda ultralarga), prevedendo la possibilità di utilizzare ogni infrastruttura esistente per accelerare la realizzazione della rete e per abbatterne i costi». All’evidenza c’è chi va contromano.

«Il Decreto fa una distinzione importante tra edifici che hanno l’infrastruttura di rete e quelli no. – si legge – Nel primo caso il gestore dei servizi di rete ha il diritto a realizzare una propria infrastruttura (art. 8 comma 2) e ha il dovere di permettere l’accesso a qualsiasi altro gestore di servizi di rete (art. 3 comma 2). Nel secondo caso, se l’edificio è già dotato di un’infrastruttura di rete idonea a trasmettere i servizi a banda ultra larga, come l’impianto multiservizio, il gestore dei servizi di rete ha diritto di accedere all’infrastruttura esistente a condizioni eque e non discriminatorie (Art. 8, commi 1 e 2) e a duplicarlo solo nel caso in cui la realizzazione sia più efficiente dal punto di vista economico (art. 8 comma 3)».

Insomma, il dettato del Decreto pare non prestarsi a fantasiose interpretazioni. Ma giusto per chiarire il concetto, l’art. 3 comma 4 lettera d manifesta cristallina la volontà del legislatore: «il condominio, in quanto gestore di infrastruttura fisica, ha il diritto di rifiutare l’accesso ad altri operatori se siano disponibili, a condizioni eque e ragionevoli, mezzi alternativi di accesso all’ingrosso all’infrastruttura fisica, adatti all’alta velocità. Il senso è quello di evitare le duplicazioni delle infrastrutture nella tratta terminale della rete nei casi in cui il proprietario o il condominio abbiano già provveduto in modo idoneo».

Scopo del Decreto è la riduzione dei costi di installazione di reti di comunicazione elettronica: «può tutto ciò essere vanificato dalla volontà di un gestore di servizi tlc di duplicare l’impianto? E non si porrebbe tale eventualità come sopruso e violazione dei diritti del cittadino?».

Più che ai posteri, l’ardua sentenza spetta all’Autorità.