La tecnologia in aiuto alla qualità dell’aria indoor

9 Ottobre 2023 Luca Baldin


Dopo la recente pandemia, la sensibilità media rispetto al tema della qualità dell’aria all’interno degli edifici è aumentata sensibilmente. Tutti, chi più chi meno, hanno iniziato a riflettere se ciò che respiriamo dentro ai nostri uffici e alle nostre case sia salutare o meno, con l’aggravio che edifici sempre più coibentati e sigillati non consentono nemmeno quel naturale ricambio d’aria che era concesso dagli “spifferi”.

In realtà, l’altra cosa che abbiamo imparato è che se tutti, più o meno, conoscevamo le cause principali dell’inquinamento outdoor, ben poco sapevamo di quello indoor che, mediamente, è 5-7 volte superiore a quello di uno spazio all’aperto, con l’aggravante che una persona trascorre in spazi chiusi più o meno il 90% della propria vita (ovvero dentro case, scuole, uffici e ambienti ricreativi).

Le principali cause di inquinamento in uno spazio chiuso sono i materiali costruttivi e l’arredo (nota la contaminazione da amianto e formaldeide), i gas combusti per le cucine, l’uso di stampanti o di altre apparecchiature che utilizzano processi chimici, i prodotti per le pulizie, i profumatori e, non da ultimo, gli esseri umani, che sono i principali responsabili dell’alta concentrazione sia di anidrite carbonica sia della diffusione di agenti biologici, come virus, batteri e funghi.

Che cosa si può fare, quindi, per migliorare la qualità dell’aria dei nostri ambienti di vita e di lavoro? Certamente non quello che consigliavano ai dirigenti scolastici dopo il covid per salvaguardare la salute degli studenti, ovvero di far lezione, anche d’inverno, con le finestre aperte; anche se il principio, in sé, non era sbagliato. Ciò che è indispensabile, infatti, è assicurare agli ambienti un riciclo corretto dell’aria, nel rispetto, tuttavia, dei parametri che determinano il comfort, ovvero temperatura e umidità relativa, che le direttive ministeriali e le linee guida fissano a 19°C in inverno e 27°C in estate, con una umidità relativa del 40-60%.

Ma a questi parametri, necessari ma non sufficienti, oggi se ne devono per forza aggiungere altri: ovvero la “diluizione”, ovvero la capacità dell’immobile di scambiare aria con l’esterno; la “filtrazione”, ovvero la capacità dei sistemi di ventilazione di depurare l’aria immessa filtrandola da sostanze come particolati e composti organici volatili; e infine la “sanificazione”; ovvero la capacità degli impianti di sanificare l’aria da agenti biologici.

Una volta compresi i fattori che peggiorano la qualità dell’aria che respiriamo nei nostri edifici, c’è ora da imparare a porvi rimedio, e la tecnologia in tal senso ci è ormai di grandissimo aiuto, non soltanto negli edifici di nuova costruzione, ma anche in quelli esistenti.

Il mercato offre continuamente nuove tecnologie per il monitoraggio della qualità dell’aria e sistemi sempre più performanti di purificazione/ventilazione che, da un lato dovrebbero entrare naturalmente nella progettazione di un edificio nuovo altamente coibentato e, dall’altro, possono mitigare in modo significativo i problemi anche di edifici datati o con vincoli architetturali importanti, il tutto con un occhio all’efficienza energetica e all’abbattimento dei consumi.

Proprio nell’ottica dell’efficienza, anche gli impianti per il ricircolo forzato dell’aria e per la filtrazione devono rientrare a pieno titolo nella visione olistica di un edificio smart. Potendo sfruttare i dati raccolti dai sensori, possono infatti favorire un funzionamento corretto e a basso impatto degli impianti e, regolando i sistemi di  Ventilazione Meccanica Controllata (VMC) in maniera intelligente sulla base dei parametri di IAQ (qualità dell’aria indoor) registrati, possono parametrarli ai valori rilevati all’esterno dell’edificio.

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.