Le telco al bivio

14 Aprile 2023 Luca Baldin


Un comparto che perde circa un miliardo di euro all’anno e che si sta letteralmente consumando, con riduzioni d’organico inarrestabili e un’emorragia di competenze non sostituibili

La notizia di questa settimana è la forte denuncia da parte dei sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil della situazione a loro giudizio “drammatica” del comparto delle telecomunicazioni in Italia, dichiarando che “sono a rischio reale oltre 20.000 posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle telco, senza calcolare gli effetti che saranno generati nell’intero sistema degli appalti del settore, sia per quel che concerne l’impiantistica, la manutenzione, l’installazione delle reti sia fisse che mobili, che per il settore dell’assistenza clienti nella sua interezza”, tutto frutto, a loro giudizio, di “un modello industriale sbagliato” e della scarsa lungimiranza dei Governi che si sono succeduti in questi ultimi decenni.

Una denuncia forte, che mette sotto accusa, anche, l’idea di separare le infrastrutture dai servizi, a detta dei sindacati, suicida per gli operatori del comparto.
Una situazione, quella denunciata dai sindacati, certamente non nuova, alla quale nessuno dei Governi che si sono succeduti ha saputo finora offrire una soluzione; ma anche paradossale, dal momento che parliamo di un settore definito da tutti “strategico” e ad altissimo tasso di innovazione, quindi, apparentemente, con un grande futuro.

Provando a fare un’operazione verità, è evidente che la perdita di redditività del settore è legata ad una insana battaglia sulle tariffe che è iniziata all’indomani della liberalizzazione e che ha ridotto ai minimi termini la marginalità sugli abbonamenti degli operatori. Un approccio insensato che alla lunga ha messo a repentaglio anche i progetti infrastrutturali strategici per il Paese, come quelli sulla banda ultra larga e sul 5G, in enorme ritardo e realizzati senza alcuna razionalità e con sprechi di energie e risorse giganteschi.

Se guardiamo per esempio alla costruzione della rete BUL, è ormai di dominio comune il fatto che l’assenza di qualsiasi politica regolatoria ha portato ad aree caratterizzate dal moltiplicarsi di inutili duplicazioni, per poter speculare sulle manciate di euro garantite generosamente dall’autorità garante, mentre altre venivano letteralmente abbandonate ai bandi Infratel per il superamento del digital divide, ma con esiti evidentemente disastrosi.

Stupisce, quindi, la posizione dei Sindacati, apparentemente contraria ad una “nazionalizzazione” della rete (la celebre “rete unica” o “rete nazionale” che dir si voglia) e certamente contraria alla separazione della stessa dai servizi offerti dagli operatori, dal momento che la commistione delle due cose fin qui ha prodotto più danni che altro. A chi scrive sembra infatti difficilmente contestabile il fatto che proprio la gestione della rete e la rendita di posizione che garantiva, ha distolto l’attenzione degli operatori dalla possibilità di studiare, proporre e mettere a reddito servizi ad alto valore aggiunto, che pur esistono, adagiandosi su una gestione “as usual” e “day by day”.

Una posizione che ha prodotto, tra le altre cose, una difesa d’ufficio assai poco giustificabile del concetto di rete proprietaria “end to end”, come unica garanzia di un buon servizio, ostacolando la più che legittima richiesta di sviluppare infrastrutture d’edificio che avrebbero offerto alle stesse telco, su un bel piatto d’argento, la possibilità di offrire infiniti nuovi servizi agli utenti.

L’errore, quindi, è evidente che c’è stato e che ad esso va posto rapidamente rimedio, ma ho dei dubbi che la soluzione possa essere quella prospettata dai Sindacati, ovvero una sorta di anacronistico ritorno al passato, con una TIM “incumbent”, per non dire nuovamente monopolista, da difendere ad oltranza in nome dell’occupazione e una Open Fiber che appare sempre più come “smarrita” e in balia di eventi che non domina più.

La soluzione, se possibile, e non può non esserlo visto il valore strategico del settore per un Paese, deve avere il coraggio di guardare avanti, non dietro le spalle, e se qualche posto di lavoro si dovesse perdere all’interno delle Telco, non è da escludere che lo si recuperi con gli interessi in settori collaterali assai più propensi all’innovazione, a condizione di sciogliere quei lacci e lacciuoli che proprio le Telco hanno disseminato lungo il percorso per difendere strenuamente le loro rendite di posizione.

 

 

 

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.