Fonti rinnovabili, avanti pianissimo: ma non ci sarà ripresa senza di loro

30 Giugno 2020 Smart Building Italia


Fotovoltaico ed eolico in Italia: timidi progressi prima del Covid, ora si teme la paralisi in seguito alla pandemia. Ma il “Renewable Energy Report 2020” elaborato dal Politecnico di Milano evidenzia come il rilancio dell’economia non possa prescindere dalla sostenibilità, e quindi dalle energie alternative.

Energie rinnovabili in Italia, è una questione di “naso”. Se, in pieno post-Covid, la visione si ferma alla punta del suddetto, sarà impossibile imboccare strade virtuose e, soprattutto, utili allo sviluppo del Paese. Se invece lo sguardo riesce ad abbracciare una prospettiva più ampia, diventa ineluttabile assumere le energie alternative, e i relativi investimenti, tra le fondamenta di una ripresa economica indubbiamente difficile, eppure possibile.

Ma la seconda strada, totalmente nelle mani del potere esecutivo, e quindi del Governo, è tutt’altro che scontata, come si apprende dal sesto “Renewable Energy Report” quello dell’anno 2020, presentato nel corso di un apposito convegno (svoltosi online il 25 giugno scorso), dalla School of Management del Politecnico di Milano (Energy & Strategy Group). In questo dossier sono i numeri a risultare, se non impietosi, terribilmente realistici.

Il riferimento di fondo è dato dal PNIEC, il Piano nazionale integrato energia e clima presentato da Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell’Ambiente nel gennaio scorso, giusto alla vigilia del lockdown, ricevendo fra l’altro critiche da parte delle associazioni ambientaliste, che lo hanno in genere valutato come insufficiente rispetto all’obbiettivo primario di “decarbonizzazione” dell’habitat nazionale. Ora, secondo il report presentato dal Politecnico, si prospetta assai problematico già rispettare la contestata tabella di marcia del PNIEC, che è mirata all’anno 2025.

Il rapporto dell’Università milanese evidenzia per il trascorso 2019 nuove installazioni di energia alternativa pari a 1210 megawatt-ora (MW), ovvero 50 MW in più rispetto al 2018, con un aumento pari al 4%. Quanto alle fonti scelte dagli italiani nel 2019, il fotovoltaico fa decisamente la parte del leone con i suoi 737 MW, per un valore di circa 850 milioni di euro, mentre l’unica vera alternativa resta l’eolico che, quasi integralmente localizzato nel sud del Paese, ha toccato quota 413, pari a 450 milioni di euro. Risulta fatalmente significativo l’impatto del Covid nell’indotto fotovoltaico, che solo nell’ultimo trimestre del 2019 ha fatto registrare, con 310 MW relativi a nuove installazioni, circa il 40% del valore annuo, a testimonianza di una scia virtuosa che pareva essere stata faticosamente imboccata.

Passando ai valori totali, il fotovoltaico ha raggiunto nel 2019 in Italia una potenza installata complessiva pari a 20mila850 MW, con un trend caratterizzato da una forte ripresa degli impianti di grande taglia, che occupano il 34% del totale quanto a potenza, mentre i residenziali restano attestati sul 36%. L’eolico invece marca una potenza installata complessiva pari a 10mila600 MW.

Solo briciole rimangono per l’idroelettrico, beneficiato da un aumento di 41 MW, e le biomasse, cresciute di 20 MW. Quanto alla domanda di energia elettrica nazionale, nel 2019 si è attestata sui 319,5 terawatt-ora (TW), coperti per il 35,6% dalle rinnovabili elettriche, la cui produzione cresce dello 0,7% rispetto al 2018, grazie a una discreta crescita dell’eolico (+15%) e a un minimo aumento del fotovoltaico (+5%).

Appare chiaro già ora che i numeri di questo modesto trend positivo saranno brutalmente annullati alla fine del 2020, anno destinato a far segnare un regresso dovuto ai due mesi di lockdown per il coronavirus, nonché all’impasse provocato dalla pandemia sull’intero sistema economico e produttivo italiano. In definitiva siamo già lontani, e saremo presto lontanissimi, dagli standard di crescita fissati dal PNIEC, secondo il quale si dovrebbe marciare a tutt’altri ritmi.

Nell’ambito della presentazione del report, ricorda tali ritmi Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy Group. “Per quanto riguarda l’energia fotovoltaica – esordisce Chiaroni – la tabella di marcia fissa un tasso medio annuo di crescita, fino al 2025, pari a +1,96 terawatt-ora, accompagnato da circa 1100 MW di nuove installazioni ogni anno”. “La situazione è ben diversa, anche a causa della battuta d’arresto causata dal Covid – continua Chiaroni.  – Dando per certo che le installazioni nel corso del 2020 saranno inferiori a quelle degli anni precedenti, si ottiene che tra il 2021 e il 2025 sarà necessario incrementare la capacità installata al ritmo non di 1100, ma di 1480 MW/anno, in media, così da raggiungere il traguardo prefissato per il 2025: 28,55 gigawatt-ora”.

In prospettiva, la lettura di questo report di 394 pagine, fitte di dati e tabelle, concentra le attenzioni su una sospirata fase 3, da intendere come l’approdo a una “nuova normalità”, più che alla stregua di un ritorno alla normalità pre-Covid. Purtroppo la situazione pandemica, soprattutto a livello globale, ma in parte anche a livello nazionale, nel giugno del 2020, quando il dossier del Politecnico viene diffuso, è ancora troppo critica e confusa per avere un’idea precisa di tempi e modi di questa fase 3. Ciò nonostante, è opinione diffusa in tutti i settori a cui il report si rivolge che una ripresa effettiva e globale potrà essere agevolata “solo” da un’accelerazione sul fronte delle “Fer”, le fonti di energia rinnovabile. E che, anzi, il momento storico relativo alla prossima uscita dall’emergenza virale si profila come il migliore possibile per rimuovere le barriere normative, economiche e “di sistema” da troppo tempo di intralcio sulla via di questo necessario rinnovamento.

In attesa di vedere quali passi concreti compirà in Italia l’esecutivo, questa dominante incertezza genera un’inevitabile sfiducia. Il report di Energy & Strategy la fa affiorare nel contesto di un sondaggio fra gli operatori del settore. Due le domande poste. Alla prima, che riguardava i provvedimenti più urgenti da mettere in atto, la risposta collettiva si riflette in un’agenda di ben diciannove priorità, da affrontare presto e bene se si intende ottenere una svolta impattante sull’intero sistema.

Con la seconda domanda si chiedeva invece di individuare quali e quanti di questi diciannove punti sono percepiti come presenti nell’attuale agenda del Governo. Alla fine gli addetti ai lavori non vanno oltre il numero nove, lasciando intendere che, a loro modo di vedere, il Governo italiano sembra in grado di gestire nell’immediato appena la metà delle richieste provenienti dal sistema delle imprese. Sempre per quella “questione di punta del naso”, e non di lunga prospettiva, a cui si alludeva all’inizio.

Entrando nei dettagli, i nove provvedimenti governativi dati per imminenti dagli operatori concernono: la revisione delle detrazioni fiscali relative al permesso di costruire; la semplificazione dell’iter autorizzativo; il recepimento della direttiva europea RED II; la definizione dell’iter autorizzativo per le operazioni di immagazzinamento (storage); la revisione del conto termico; l’individuazione dei siti non idonei; la contrattualistica con la pubblica amministrazione; l’uniformazione dell’iter organizzativo; l’apertura del mercato MSD. Passi importanti, se messi in pratica, anche se a fronte di una persistente impasse che, secondo gli operatori stessi, riguarderà problematiche non meno cruciali, ma per il momento colpevolmente abbandonate, a loro modo di vedere. Si parla, solo per fare degli esempi, di un piano di aste decennali, della revisione della disciplina delle concessioni idroelettriche, della composizione della commissione VIA, delle connessioni in condivisione.

“Dopo la stangata del lockdown, per raggiungere i risultati prefissati è necessario modificare in maniera sostanziale gli strumenti di policy che regolano e sostengono il mondo delle rinnovabili – spiega ancora Davide Chiaroni -. I meccanismi incentivanti previsti dal Decreto FER1 risultano troppo deboli, perché è la stessa ‘tenuta’ del sistema delle energie alternative a essere messa in discussione”. “Indi per cui – aggiunge il vicedirettore di Energy & Strategy Group – se appena un anno fa, nel 2019, si celebrava il Green New Deal annunciato dalla Commissione UE, ora è assai probabile che parte significativa di quelle risorse sarà devoluta al sostegno dell’economia nel suo complesso. Ciò si può scongiurare solo se la spinta alla ricostruzione economica e industriale porrà le rinnovabili come cardine fondamentale di un nuovo modello di sviluppo, in grado di garantire un futuro più sostenibile e una maggiore qualità della vita”.

“Lo spazio di azione e la volontà di collaborazione degli operatori ci sono ancora – conclude Chiaroni – per cui è quanto mai importante sfruttare questo periodo di ‘stallo’ del mercato per lavorare sui provvedimenti legati al rilancio globale del sistema”.

Sullo sfondo dell’intero pianeta, e non solo dell’Italia, resta, oltre il traguardo del 2025, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta nel 2015 da 193 Paesi aderenti alle Nazioni Unite. Solo una volta conclusa la lunga e dissestante crisi globale generata dalla pandemia di Covid 19, sapremo quanto più difficili, se non impossibili, saranno diventati gli obbiettivi concreti, diciassette in tutto, su cui l’Agenda 2030 si fonda.