Sostenibilità digitale: ecco perché è fondamentale

25 Gennaio 2021 Ilaria Rebecchi


Sempre più tecnologici e connessi, tra lavoro agile e smartphone, case intelligenti e strumenti innovativi che ci consentono di salvare l’ambiente. Ma fino in fondo…

Quanto può costare, in termini di inquinamento, la digitalizzazione di un Paese? Se ne parla (ancora) troppo poco, forse, anche se qualcosa inizia a muoversi.
Ma facciamo un passo indietro: dallo scoppio della pandemia, si sa, le nostre vite sono cambiate: più vita in casa, uffici domestici, smart working e lavoro agile anche via smartphone o tablet, nonché la didattica a distanza, l’home banking, gli acquisti online, le video conferenze e i webinar.
E chi di digitale sa poco, negli ultimi tempi ha dovuto letteralmente immergersi in un mondo affascinante, ultramoderno ma non per questo semplice da acquisire.
E tutto questo ha, di riflesso, anche la riduzione importante delle emissioni di CO2: perché le soluzioni digitali possono sostenere l’economia circolare e aiutare l’ambiente, soprattutto nell’ottica degli impegni dell’Agenda 2030.

La transizione digitale, però, fino ad ora ha poco tenuto conto di un aspetto importante: le proprie emissioni.
Sì perché computer, dispositivi elettronici e infrastrutture digitali ovviamente consumano quantità maggiori di elettricità rispetto a qualche mese o anno fa, e se questa energia non arriva da fonti rinnovabili, a sua volta causa la produzione di emissioni di gas serra.

Se 13 anni fa, era il 2008, le tecnologie digitali per il mondo ICT avevano contribuito per il 2% alle emissioni globali di CO2, lo scorso anno sono arrivate quasi al doppio, toccando il 3,7% e nel 2025, andando avanti così, si stima che potrebbero raggiungere l’8,5%.  Cioè lo stesso quantitativo delle emissioni prodotte da tutti i veicoli leggeri in circolazione.
Andando avanti nel tempo, per il 2040 uno studio, «Assessing ICT global emissions footprint», ipotizza che questo impatto arriverà al 14%.

Se il nostro mondo è oggi costituito  da immagini, video in HD, sensori, immagini di telecamere di sicurezza, robotizzazione, Smart City, videochiamate, servizi on-line, messaggistica istantanea e via discorrendo, si tratta di un universo in continua espansione e che va comparato, consumi alla mano, a quello più conosciuto per il costo in bolletta.
Ad esempio, una recente indagine di DataRoom del Corriere, ha stimato che un forno elettrico da 2000W alla massima potenza in 3 minuti arrivi a consumare 0,1 kWh, mentre un frigorifero con freezer in classe C + consuma annualmente consuma 150kWh -190kWh. Bene: per ricaricare lo smartphone servono 4kWh l’anno, ma non solo: i consumi che non si vedono in bolletta prendono in considerazione, ad esempio, quelli del consumo energetico indotto da usi digitali, come la riproduzione di un video in alta definizione via streaming, che arriva a toccare la soglia del consumo di energia provocato dal nostro forno elettrico per 3 minuti, con 0,13 kWh. 

Altro dato importante è quello rilevato dall’associazione The Shift Project che stima che guardare 10 minuti di video in streaming consumi 1500 volte più elettricità rispetto alla ricarica della batteria di uno smartphone. Anche se, stando a quanto delinea l’International Energy Agency (IEA), il consumo è di 150 volte, con valutazioni che devono considerare il tipo di dispositivo, risoluzione del contenuto, e di connessione. In ogni caso consumi enormi, basti pensare che in Italia, dal 24 al 26 dicembre 2020, la visione di film in streaming è passata dai 2,8 milioni di ore dell’anno precedente a 6,5 milioni.
Secondo questi dati, è necessario trascorrere 5 ore a gestire la casella mail per generare un consumo di elettricità che si avvicina a quello generato dalla visione di un filmato di 10 minuti. 

E il Cloud? Sicuro è che tutto il traffico che galleggia sulla famosa nuvoletta è costituito da dati acquisiti, immagazzinati, elaborati nei vari Data Center dove, per poter lavorare a regime, si consumano grandi quantità di energia elettrica.
Per l’associazione Greenpeace, che ha analizzato le performance del settore ICT in base alla domanda energetica, nel 2017 le operazioni di Apple negli Usa hanno utilizzato energia pulita per l’83% delle volte, Facebook per il 67%, Google il 56%, Microsoft il 32%, Adobe 23%, Oracle 8%.

Sostenibilità digitale: cosa fare?

Questi consumi non sono visibili, ma non per questo si possono sottovalutare: la vera sfida delle aziende del mondo della casa intelligente, dei brand al servizio della digitalizzazione e dell’efficientamento energetico, è proprio quella di rendere gli stessi servizi sostenibili, tramite innovazioni tecnologiche che possano sì fornire un prodotto che permette di risparmiare in bolletta e rispettare l’ambiente, ma che, per questo stesso servizio, non consumi più del dovuto, rimanendo così fedele e in linea con gli obiettivi stessi. Anche su scala internazionale.
E se la trasformazione digitale è uno dei grandi strumenti per ridurre il consumo di energia, consentendo un uso più efficiente delle risorse, vanno introdotte in ogni settore adeguate misure di decarbonizzazione digitale, tra emissioni risparmiate, costi dei servizi alternativi ed effetti di rimbalzo.
Come operare? Ad esempio imparando a gestire il conflitto fra i player che vogliono – e devono – vendere più dispositivi, controllare dati, produrre contenuti, esigendo trasparenza da parte dei fornitori nel dichiarare da quali fonti di energia elettrica si riforniscono.

Ilaria Rebecchi

Executive Editor della rivista e del portale Smart Building Italia, lavora come Giornalista e Senior Copywriter specializzata in settori come tecnologia e digitale, creatività e social media.