Superbonus, adesso si cerca una via d’uscita. Che non esiste…

24 Febbraio 2023 Marco Ventimiglia


Lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura scatena le proteste nell’edilizia, proprio mentre l’UE fa capire che dalla riqualificazione energetica degli edifici non si torna indietro

Era il 19 maggio 2020 quando il governo allora guidato dal premier Conte varò ufficialmente il Superbonus.
Ebbene, pur essendo consapevoli dell’impatto importante della misura, i responsabili dell’esecutivo non immaginavano di aver consegnato alla storia della Repubblica un inedito congegno legislativo ad orologeria, destinato a squillare periodicamente fra allarmi contabili, polemiche politiche e correzioni normative. Un autentico mondo parallelo rispetto a quello dell’edilizia, che ha invece cavalcato l’agevolazione producendo cantieri, ritorni economici e lavoro. Realtà opposte che possono anche divenire inconciliabili, come sta accadendo in questi giorni dopo la clamorosa decisione del governo di tagliare due fra le più importanti “radici” che alimentano il Superbonus.

I bonus fiscali in edilizia validi nel 2023

La decisione del consiglio dei ministri

L’ennesimo capitolo della saga sulla maxi agevolazione fiscale – in verità meno maxi di prima visto che l’aliquota di recupero fiscale da inizio anno è passata dal 110 al 90% – è cominciato il 16 febbraio con la decisione del consiglio dei ministri, sotto forma di decreto legge, di bloccare le cessioni del credito maturato con l’esecuzione dei lavori  oltre che l’applicazione dello sconto in fattura. Lo stop non colpisce solo il Superbonus, che però rappresenta di gran lunga l’incentivo con la ricaduta economica più rilevante. Esclusa invece la retroattività della nuova norma, che quindi non si applica agli interventi edilizi già avviati prima della sua promulgazione.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che è stato necessario intervenire perché il Superbonus sta mettendo a repentaglio i conti pubblici:

I crediti sono ormai arrivati a 110 miliardi di euro. Il governo ha varato una misura d’impatto per bloccare gli effetti di una politica scellerata, usata anche in campagna elettorale, che ha prodotto beneficio per alcuni cittadini ma posto alla fine in carico a ciascun italiano 2mila euro a testa”.

Parole molto forti, ma non si può fare a meno di notare che del riferimento alla politica scellerata di cui sopra non si trova traccia nei programmi di nessun partito per le elezioni del 2022, che anzi confermano nella sostanza l’utilità del Superbonus.

Le reazioni e lo scenario futuro

Fra la decisione del governo e le reazioni delle parti interessate non c’è stata soluzione di continuità. Il settore bancario ha subito espresso la sua soddisfazione.

“Il testo – è il commento dell’ABI – fornisce un chiarimento e un utile contributo per la maggiore certezza giuridica delle cessioni dei crediti e contribuisce a riattivare le compravendite di tali crediti di imposta”. Ben diverse, però, le reazioni dal settore dell’edilizia. “Se il governo blocca l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici – afferma la presidente dell’ANCE, Federica Brancaccio – senza aver individuato ancora una soluzione strutturale, migliaia di imprese rimarranno definitivamente senza liquidità e i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per la famiglie”.

Il presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri, Angelo Domenico Perrini, parla di “una decisione che rischia di generare shock che fanno male al sistema economico senza raggiungere nessun vero obiettivo”. Obiettivo che invece hanno ben chiaro ai piani alti dell’Unione Europea, la cui Commissione ha appena varato la direttiva sul rendimento energetico degli edifici che renderà fuorilegge in pochi anni quelli appartenenti alle classi peggiori. Ebbene, viste da Bruxelles le vicende italiane devono apparire a dir poco singolari. Se il Superbonus che ha efficientato meno di un milione di abitazioni – è il ragionamento – suscita tutti questi problemi in Italia, che cosa accadrà quando dovranno riqualificare entro il 2030 oltre la metà del patrimonio immobiliare appartenente alle classi energetiche peggiori? Ai presenti e non ai posteri l’ardua sentenza…

Marco Ventimiglia

61 anni, dal 1989 giornalista professionista de l'Unità dove ha ricoperto vari ruoli dapprima nella redazione sportiva e poi in quella economica. Esperto di nuove tecnologie, ha realizzato per anni il supplemento Unità Multimedia e curato il Canale Tecnologia su Internet. Negli ultimi anni realizza sul Web articoli sulla transizione energetica, la mobilità elettrica, il rinnovamento del patrimonio immobiliare, oltre che dare conto delle evoluzioni politiche e normative in materia.