120 progetti in corsa al primo Sanremo Digitale

25 Gennaio 2022 Smart Building Italia


Guerra al Digital Divide: oltre all’utenza in crescita e ai fondi ministeriali, serve anche il concorso lanciato da Repubblica Digitale, con giuria di esperti e voto popolare, come al teatro Ariston.

Sergio Talamo, di Formez PA: “Reclutare forze giovani, via maestra per abbattere il gap generazionale”.

Il Sanremo Digitale italiano? Da questo 2022 esiste, si chiama Premio nazionale per le competenze digitali e, analogamente a quanto propone il festival della cittadina ligure nell’ambito della musica leggera, fissa l’obiettivo di individuare e premiare quanto di meglio si sta facendo in Italia per adeguare ai migliori standard globali le performance informatiche di pubblica amministrazione, terzo settore e imprese.

E’ un’iniziativa importante, grazie a cui potremo ottenere un identikit attendibile del nostro Paese che, proprio all’inizio del 2022, ha varcato il fondamentale traguardo di un’Anagrafe digitale nazionale in funzione per tutti i suoi oltre 60 milioni di cittadini” commenta Sergio Talamo, direttore dell’Area Comunicazione di Formez PA, centro di formazione per la pubblica amministrazione operativo all’interno del Dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio. Sono 120 questi progetti presentati al bando indetto da Repubblica Digitale, struttura strategica attivata in seno al ministero per l’innovazione tecnologica, ed entro il prossimo marzo saranno vagliati e confrontati per decretare i primi vincitori del concorso, secondo una procedura che, come il Festival di Sanremo, prevede anche il voto di una giuria popolare.

Qualcosa dunque si muove, e di non banale, a patto di  tenere a mente la fotografia del Paese in questione. Che da una parte resta l’Italia delle ormai “preistoriche” reti telefoniche ADSL in rame, ancora utilizzate nel 29,9% degli accessi alla Rete, secondo quanto rivela l’ultimo report 2021 dell’osservatorio monitorato da Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ma che nello stesso tempo è l’Italia tesa, numeri alla mano, a dare finalmente una spallata al “Digital Divide”, al ritardo digitale da cui continua a essere penalizzata nei confronti degli altri Paesi europei, organizzati in modo più avanzato dal punto di vista tecnologico e abitati da cittadini nella media più emancipati per quanto riguarda la capacità di gestire autonomamente i processi informatici.

Se si guarda al DESI, l’annuale Digital Economy and Social Index elaborato dall’Unione Europea, quello del 2021 è coerente con l’Italia delle reti in rame, segnalando un ventesimo posto, su ventisette Paesi, soggetto a controverse interpretazioni, perché è vero che fa registrare un discreto avanzamento rispetto al venticinquesimo posto del 2020, ma alla luce di quattro indicatori e non più di cinque, dove quello mancante riguarda proprio l’”utilizzo di Internet/servizi digitali”, endemico tallone d’Achille italiano. Restano in gioco capitale umano, connettività, integrazione tecnologica e servizi pubblici digitali, il cui totale risulta praticamente invariato rispetto all’anno prima. Anzi, c’è poco da stappare bollicine secondo Francesco Olivanti, dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano. “Se nel 2020 ci si fosse limitati a questi quattro parametri, l’Italia si sarebbe piazzata diciannovesima, per perdere quindi una posizione nel 2021” dichiara infatti Olivanti a Forum PA.

“Sì, c’è ancora tanta strada da percorrere – dichiara Sergio Talamo – ma possiamo imboccarla con più fiducia rispetto al passato sulla base di due elementi: il miglioramento di certi numeri fondamentali e la concreta volontà di investimento espressa dal governo Draghi che, tramite il ministero della pubblica amministrazione, stanzia oltre 12 miliardi di euro del PNRR in reclutamento, semplificazione e formazione, ovvero tre assi portanti della digitalizzazione”. Per quanto riguarda i numeri, il responsabile della comunicazione di Formez PA, si riferisce a quelli freschi evidenziati dal rapporto Bes (benessere equo e sostenibile) pubblicati dall’Istat. “Spiccano dati come il 70% degli italiani che sono utenti abituali di internet, con un aumento del 27% rispetto al 43% di dieci anni fa – commenta – ma anche i 27 milioni di accessi attivati allo Spid, il Sistema pubblico di identità digitale, e i 26 milioni di carte d’identità elettroniche finora rilasciate. Sono tutti indicatori concreti di un Paese che si sta finalmente emancipando da un punto di vista digitale, così come ci segnalano i 4 miliardi e 300 milioni di pagamenti finora effettuati utilizzando la piattaforma pagoPA”.

Cinquantottenne pugliese di Taranto, giornalista e docente universitario, Sergio Talamo parla con cognizione di causa derivata da molteplici incarichi svolti in seno alle istituzioni, come ad esempio la direzione di Linea Amica, il contact-center della pubblica amministrazione italiana, assunta dal momento della sua nascita, nel 2009, e condotta fino al 2015.

“E’ stato lì – racconta – che ho toccato con mano alcuni problemi strutturali del sistema Italia, poi ritrovati anche negli anni successivi. Uno fra i più lampanti è quello del gap generazionale fra giovani italiani sempre più allineati agli standard digitali dei loro coetanei degli altri Paesi, e i loro genitori e nonni, ancorati a un’arretratezza tecnologica e culturale difficile da superare. Per questo risulta importante la Riforma Brunetta dei concorsi pubblici, attuata nel 2021 dal ministero della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di assumere professionalità nuove e competenti in tempi rapidi e secondo procedure semplificate rispetto al passato”.

Quella citata da Talamo è un’operazione che, secondo stime dello stesso ministero della pubblica amministrazione, riguarda centinaia di migliaia di posti di lavoro.

D’altra parte, il “reclutamento” è un tasto su cui batte sovente lo stesso ministro Renato Brunetta, avvalorando la visione del rinnovamento che ispira il primo Premio nazionale per le competenze digitali lanciato da Repubblica Digitale, con ottimi riscontri in termini di adesione. I due mesi di durata del bando, lanciato lo scorso 15 novembre, in occasione dell’assemblea di Repubblica Digitale dedicata alle problematiche del gap generazionale, e chiuso il 17 gennaio, sono stati sufficienti per raccogliere i 120 progetti destinati a competere in quattro categorie: digitale per tutti (42 iniziative), digitale inclusivo (30 iniziative), digitale contro il divario di genere (16 iniziative) e digitale nell’educazione per le scuole (32 iniziative).

Ora spetta alla giuria di esperti nominata dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD) della Presidenza del Consiglio, designare le quattro rose di “nomination” destinare ai webinar di presentazione in calendario il 21 e 25 febbraio. Dall’1 al 15 marzo – ecco l’effetto Sanremo da cui siamo partiti – la parola passerà al pubblico, ovvero alla giuria popolare che, tramite la piattaforma ParteciPa, potrà visionare tutti i progetti finalisti, concorrendo con il proprio voto alla designazione dei vincitori, e assegnando la specifica menzione dei “progetti più votati online”.

Nel frattempo, restando in tema di “competition”, fa ben sperare quella virtuosa in corso fra Nord e Sud quanto a superamento del Digital Divide nazionale: se da una parte la Puglia ha anticipato di qualche mese il Friuli Venezia Giulia come prima regione italiana interamente coperta da Tim tramite fibra a banda ultralarga, Taranto e Trento si contendono il “titolo” di primo capoluogo in cui dire definitivamente addio alle reti in rame. Sarà significativo, in questo ambito, scoprire le aree di provenienza dei progetti che rispondono alla sfida lanciata da Repubblica Digitale.
Al 72° Festival della canzone italiana, in programma al teatro Ariston dal primo al 5 febbraio prossimi, si punta a superare i 19 milioni di collegamenti streaming raggiunti nel 2021. Un mese dopo i voti e i “televoti” del teatro Ariston, toccherà al Sanremo Digitale italiano dare i suoi primi numeri. Non meno sorprendenti, vedrete.