Nuove modifiche al Superbonus ma ritorna l’allarme sulla cessione del credito

14 Novembre 2022 Angela


Verso il taglio dell’aliquota dal 110 al 90% mentre le sentenze della Cassazione sul sequestro dei crediti allarmano le banche e gli altri soggetti finanziari

“Il Superbonus è costato allo Stato 60 miliardi, con un buco di 38”.

Lo ha detto il/la premier Giorgia Meloni al termine dell’ultimo consiglio dei ministri, scrivendo l’ennesimo capitolo dialettico di quella che ormai è un’autentica saga e smentendo di fatto chi lamenta una mancanza di continuità fra il suo governo e il precedente. Infatti, almeno sulla maxi agevolazione fiscale, l’esecutivo appena insediato parla la stessa lingua di quello guidato da Mario Draghi, se è vero che quest’ultimo, soltanto pochi mesi, aveva affrontato così l’argomento: “Il Superbonus non ci piace, ha triplicato i costi dell’edilizia”.

Tante critiche ma l’agevolazione resta

Adesso, qualche anima pura potrebbe chiedersi perché una misura così “tossica” e invisa a Palazzo Chigi sopravviva da due anni e mezzo nonostante l’avvicendarsi di ben tre governi con diversa espressione politica. Probabilmente, aggiungiamo noi, centra qualcosa il fatto che il Superbonus rappresenta al momento l’unico provvedimento di largo impatto per l’efficientamento energetico del nostro patrimonio edilizio, come fortemente richiesto dall’Unione europea che poi eroga i fondi su cui si basa il PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Insomma, da Bruxelles ci osservano e controllano, tanto è vero che anche il nuovo governo si guarda bene dall’eliminare il Superbonus e si appresta piuttosto a rimetterci mano con effetti tutti da verificare, anche perché, come vedremo, ritorna a suonare l’allarme sul fronte della cessione del credito.

Modifiche nella legge di Bilancio

Il mezzo per cambiare nuovamente la normativa – si tratta della 17ͣ volta! – è rappresentato dalla legge di Bilancio che dovrà essere approvata entro la fine dell’anno. Al momento, fra indiscrezioni e anticipazioni, appare assodato che a partire dall’anno prossimo ci sarà un taglio dell’aliquota di recupero fiscale che passerà dal 110 al 90%  con i conseguenti risparmi per le casse dello Stato. Va ricordato che la normativa ancora in vigore prevede il permanere del 110% a beneficio dei condomini per tutto il 2023, con aliquota a scendere nel biennio seguente, rispettivamente al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025. Ed andrà quindi verificato se permarrà la riduzione progressiva però, come detto, partendo dal 90%.

Per quanto riguarda un aspetto molto delicato, ovvero il regime transitorio, al momento il ministero dell’Economia appare orientato alla conferma della detrazione al 110% per coloro che termineranno i lavori nel 2023 ma presenteranno la CILAS (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata Superbonus) entro il 25 novembre prossimo. Inoltre, si va verso una proroga dell’agevolazione per le unità immobiliari indipendenti (scadenza a fine anno), seppur di durata limitata a qualche mese con beneficiari soltanto i proprietari di prima casa al di sotto di un limite di reddito, probabilmente 15mila euro, che però può crescere in base al nucleo familiare.

Ancora problemi per la cessione del credito

Senonché, mentre il governo prova a risolvere un problema se ne manifesta subito un altro, che poi non rappresenta affatto una novità. A tornare d’attualità è infatti il rischio di un nuovo blocco del meccanismo della cessione del credito a seguito di alcune recenti sentenze della Cassazione, tutte dello stesso tenore. Nella sostanza, la Corte ha confermato la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di sequestrare i crediti in capo al cessionario nell’eventualità che venga avviata una procedura per un sospetto di frode.

A rendere ancor più “pesanti” le sentenze, il fatto che non si fa riferimento a possibili eccezioni al sequestro, come l’estraneità del cessionario dei crediti alla presunta frode o la sua buona fede all’atto di rilevarli. Insomma, ce n’è a sufficienza per allarmare/spaventare i protagonisti finanziari, istituti bancari in primis, che operano nella catena miliardaria della cessione del credito. E non sembra proprio un caso che Poste Italiane, fra l’altro uno dei soggetti il cui ricorso è stato bocciato dalla Cassazione, ha annunciato pochi giorni fa il suo stop alla cessione del credito. Una presa di posizione che potrebbe fare illustri proseliti in breve tempo.