Come cambieranno gli uffici nell’era post covid?

29 Marzo 2021 Luca Baldin


La Pandemia ha svuotato improvvisamente i grandi edifici direzionali che popolavano i centri delle nostre città. È una situazione transitoria o dobbiamo pensare che il “new normal” aprirà una nuova era in tal senso?

È chiaro che alcuni dei cambiamenti a cui abbiamo assistito, con un “tutti a casa” generalizzato, sono destinati ad essere effimeri, anche perché l’empatia che genera il lavorare assieme non è sostituibile dallo schermo di un computer, che pur si è dimostrato un interessante surrogato in quest’anno di restrizioni alla mobilità. Pur tuttavia, sicuramente, non tornerà tutto come prima, perché abbiamo anche imparato un modo nuovo e diverso di lavorare, ma anche perché anche all’interno dello stesso ufficio non assisteremo più al fenomeno degli open space e del “tutti assieme appassionatamente”, e il distanziamento per molti versi diventerà la regola. Per rendere sicuri i luoghi di lavoro quindi, le aziende si dovranno attrezzare e la densità di occupazione degli spazi ufficio sarà sicuramente inferiore.

Come cambieranno, allora, i nostri uffici dopo l’emergenza Covid?

Distanze di sicurezza significa regole chiare nella gestione degli spazi, ma anche strumenti per gestirli, come in parte avveniva già nelle grandi aziende, con un’automazione spinta per gestire le riunioni, i turni, le pause pranzo e così via. L’ufficio diventerà poi l’hub attorno al quale convergeranno a rotazione i dipendenti, che almeno in parte continueranno ad utilizzare lo smart working, perché le aziende hanno potuto apprezzarne le potenzialità, anche in termini di risparmio, e i dipendenti in molti casi hanno gradito.

Questo significa spazi più piccoli, ma molto attrezzati tecnologicamente, con possibilità di realizzare confcall di altissima qualità, dove la parte connessione sarà determinante. Meno postazioni, quindi, ma tecnologicamente molto meglio attrezzate. Non ci dimentichiamo inoltre che per far funzionare lo smart working anche la postazione “a casa” dovrebbe essere ben dotata tecnologicamente parlando, per evitare inefficienze. In un certo senso il nuovo ufficio si connota quindi come un vero e proprio network, dove tutti i nodi devono funzionare allo stesso modo. Facile a dirsi, molto più complicato a farsi, se solo pensiamo alla situazione della connettività nel nostro Paese.

Si tornerà alla logica dei vecchi uffici, con una scrivania per ogni dipendente in uffici ben sigillati?

No, esattamente il contrario, avremo spazi di coworking neutri a disposizione di chi sarà in ufficio in quel momento; spazi ben distanziati e soprattutto resi sicuri e sanificati per assicurare una rotazione in sicurezza, anche attraverso l’uso di apposite tecnologie; anche se l’ossessione per la sicurezza sanitaria col passare dell’emergenza sicuramente in parte rientrerà. E poi sale riunioni ad altissima tecnologia in cui sia possibile mettere in rete chi è in presenza con chi viceversa in quel momento si trova a lavorare da casa.

La logica dell’ufficio diffuso favorirà i centri minori?

Certamente, stiamo già assistendo ad una decentralizzazione, alla nascita di una sorta di “ufficio diffuso”.  Ma il limite è ancora e sempre l’infrastruttura di rete. Molto carente. Ciò nonostante i numeri sembrano confermare questa tendenza, come ci conferma la rete di coworking Copernico, che raduna 800 aziende in Italia, che dichiara che nel solo mese di marzo 2020 ha gestito richieste di 167 aziende che cercavano di ristrutturare il proprio modo di concepire l’ufficio.

Quindi ci sarà spazio per il coworking…

Si, certamente. Anzi, proprio la scarsità di risorse tecnologiche nelle case degli smart worker, rende probabile lo sviluppo di aree di coworking nei centri minori, ma anche nelle città, ovviamente in sicurezza anche in questo caso. Spazi in cui recarsi per fare smart working, dal momento che le abitazioni hanno dimostrato di avere enormi limiti strutturali e non solo tecnologici. Non è un caso che il mercato immobiliare si stia spostando verso abitazioni di taglia decisamente superiore al passato.

E nel campo più schiettamente tecnologico, cosa si vede all’orizzonte?

Senza dubbio sistemi di controllo accessi più rigorosi ed efficienti, reti per la connettività ottimizzate e dotate di sistemi di backup in grado di garantire la continuità del servizio, ma anche tecnologie contactless che limitino i contatti con le superfici, quindi molto spazio agli assistenti vocali, che già spopolano tra le tecnologie della smart home (ma attenzione alla sicurezza…). Inoltre, tutti i grandi uffici dovranno dotarsi di un sistema intelligente di BMS (building management system), in grado di misurare i parametri della salubrità degli spazi e di agire di conseguenza, ma anche di organizzare l’occupazione degli spazi di coworking e l’utilizzo degli spazi comuni. Infine, piattaforme di coworking a distanza, per mettere in relazione chi è in ufficio con i molti che lavoreranno da casa.

E per i grandi edifici direzionali, che futuro si riesce a vedere?

Un problema in più lo avranno le aziende che lavorano in grattacieli o comunque in palazzi molto alti. Impossibile rinunciare all’ascensore, ma difficile usarlo in sicurezza senza creare code in entrata e in uscita. In questo caso si lavorerà molto sulla revisione dei processi organizzativi, con scaglionamenti nelle entrate e nelle uscite. Anche in questo caso la tecnologia può aiutare molto.

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.